CULTURA – Monogamia e patrilinearità: attestate già nel Neolitico

Nel marzo 2020 su La Lampadina ho pubblicato un articolo dal titolo “Ma è vero che siamo tutti parenti?” E che riportava la notizia di studi fatti sul DNA mitocondriale (che si trasmette di madre in figlia) e sul cromosoma Y (che si trasmette per via maschile), studi che accerterebbero che tutti gli attuali abitanti del pianeta avrebbero un padre e una madre comuni (anche se non vissuti contemporaneamente).
Questo tipo di indagine genetica è stato fatto sui resti di 128 individui sepolti  a Gurcy, una località della Francia a sud di Parigi in un lasso di tempo che va dal 4800 al 4500 a.C. Siamo in epoca neolitica in un periodo nel quale nelle nostre latitudini l’introduzione dell’agricoltura aveva determinato un radicale cambiamento di ‘stile di vita’: da ‘nomade’, caratteristico dei cacciatori-raccoglitori a ‘sedentario’.
Su 94 dei 128 resti è stato possibile estrarre il DNA. Di questi, 63 sono riuniti in un unico albero genealogico che copre un arco di sette generazioni e 12 in un altro albero genealogico che copre 5 generazioni.
Cosa si è scoperto?

  • La comunità seppellita in quel luogo era patrilineare. Tutte le filiazioni sono legate ai padri.
  • Le donne che sono nate sul sito, tranne rare eccezioni, hanno lasciato la comunità e non sono sepolte in quel luogo
  • Le donne presenti nell’albero genealogico – le madri – provengono tutte dall’esterno, cioè da altre comunità. Si evitava la endogamia della quale evidentemente erano noti i problemi che comportava.
  • Le donne che provengono dall’esterno non sono imparentate tra loro, cioè provengono da comunità diverse. Questo presuppone l’esistenza di una rete di relazioni tra varie comunità, (scoperta straordinaria se si considera che si valuta che intorno al 5.000 aC la popolazione dell’intero territorio francese non superasse 1 milione di individui).
  • Gli uomini erano monogami. Avevano una sola moglie. E anche se questa fosse morta di parto – cosa che è molto verosimile accadesse in quel periodo – non ricorrevano a una seconda unione. Erano anche ‘fedeli’ alla propria compagna. Questa caratteristica è attestata dal fatto che tra i resti non ci sono fratellastri o sorellastre.

Dunque patrilinearità e monogamia, nei nostri territori, sono ‘naturali’ e hanno radici antichissime!
Sui resti sono stati fatti anche studi chimici che permettono di stabilire in quale zona si è cresciuti (il tipo di stronzio – un elemento chimico – che si trova nei denti dipende dalla località nella quale i denti si sono formati). Questi studi hanno mostrato che il capostipite e la prima generazione dovevano provenire da zona diversa da quella del ritrovamento. Questa osservazione associata al fatto che i resti coprono un periodo relativamente breve di tempo e che nelle ultime generazioni ci siano soprattutto resti di giovani inducono a ipotizzare che la comunità si sia installata in quella località per un periodo di tempo limitato. Le ipotesi fatte per questo tipo di comportamento sono due: o che l’habitat fosse costituito da materiale deperibile che avrebbe sospinto a installarsi altrove o che le pratiche agricole rudimentali dell’epoca portassero all’esaurimento della fertilità dei terreni e quindi alla necessità di spostarsi in altra località.
Questi studi genetici, decisamente affascinanti, scatenano desideri di approfondimento circa le proprie origini. In questo contesto segnalo che esistono delle organizzazioni che a partire dal proprio DNA, che deve essere loro inviato con una procedura abbastanza semplice, sono in grado di dire a grandi linee da quali regioni del pianeta provengono i nostri antenati.

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