Articolo di Beppe Zezza
La storia la scrivono i vincitori. Lo sappiamo bene. Gli eroi che sono presentati nei libri di storia e che sono nell’immaginario collettivo sono quelli che stavano “dalla parte giusta”. Di quelli della parte dei perdenti non si ha memoria neanche del nome. Se, in vita, si sono coperti di gloria per imprese di grande coraggio e valore umano non ha importanza. È giusto? È ingiusto? Sono domande senza risposta. È così e basta.
A me piace conoscere la storia. “Quello che è avvenuto nel passato ci permette di interpretare meglio quello che avviene nel presente”. Almeno così si pensava ‘ai miei tempi’ (sono della prima metà dell’altro secolo!) Oggi non lo si ritiene più: non solo da noi in Italia ma anche in altri paesi europei lo studio della storia occupa una parte sempre minore dell’insegnamento.
Mi trovo a vivere in Francia e sono andato a rovistare in cerca di personaggi tra i ‘perdenti’ della loro storia. Pochi sanno che all’inizio della Repubblica la Francia è stata teatro di una guerra civile sanguinosissima. Parlo delle guerre di Vandea e degli anni turbolenti immediatamente successivi alla instaurazione della Repubblica.
La Vandea è una regione occidentale della Francia nell’area dei paesi della Loira. All’epoca era abitata prevalentemente da contadini. Questi sono per natura tradizionalisti e conservatori (lo sono un po’ dappertutto nel mondo, dunque deve esserci qualcosa di intrinseco al rapporto con la terra). Quando la Convenzione – il nuovo Parlamento che la Repubblica si era dato – intervenne nell’organizzazione della Chiesa, proibendo i voti monastici, sopprimendo gli ordini religiosi contemplativi e imponendo al clero di sottomettersi allo Stato per poter esercitare il ministero (qualcosa di simile al ‘green pass’ di onorata memoria), un forte malcontento cominciò a circolare tra la popolazione molto attaccata alle proprie radici.
L’imposizione della leva militare obbligatoria, assai mal vista dai contadini (i giovani servono per lavorare i campi non per imbracciare fucili) provocò lo scoppio della guerra civile. Siamo nel marzo del 1793.
Chi guida la rivolta? Un popolano che fa il muratore d’estate e il tessitore di inverno, Jacques Cathelineau, denominato dai suoi contemporanei “il santo dell’Angiò’”. L’esercito? Un gruppo di contadini armati di forconi, picche e bastoni e di qualche fucile strappato dalla mani dei repubblicani. La rivolta divampa e il gruppo diviene un esercito.
Dopo i primi successi Cathelineau si rende conto che per guidarlo ci vogliono dei militari e mostrando con questo l’umiltà dei grandi uomini, chiede ai nobili della zona – i soli ad avere esperienza al riguardo – di mettersene al comando.
I più famosi tra di loro: Charette, che verrà chiamato il “re della Vandea, che sarà l’ultimo ad arrendersi anche quando la partita sarà perduta e morrà giustiziato e il Conte Henri de La Rochejaquelein, l’autore del famosissimo detto “Se avanzo, seguitemi; se indietreggio uccidetemi; se muoio vendicatemi” (il detto è dunque ben anteriore all’era fascista come pensavamo!).
L’esercito vandeano ‘legittimista’ – un esercito un po’ particolare perché dopo ogni battaglia la gran parte dei soldati lo abbandona per accudire ai campi salvo poi ripresentarsi quando un nuovo scontro si profila – dopo alcune vittorie clamorose subisce una prima sconfitta a Nantes (dove Cathelineau muore) ed è quasi annientato il 23 dicembre 1793, con la battaglia di Savenay.
Alla Vandea la rivolta costò molto cara. La Repubblica della Égalité Liberté et Fraternité sull’onda della vittoria e con il ricordo del timore provato di essere sopraffatti, decise, con decreto ufficiale, l’annientamento totale della Vandea. Per attuare il progetto vennero formate delle ‘colonne infernali’ che devastarono villaggi e fattorie, massacrandone gli abitanti, violentando e mutilando le donne, sottoponendo i bambini a torture indicibili e fucilando e decapitando gli uomini indipendentemente dal fatto che avessero o meno partecipato attivamente alla rivolta. Si calcola che i morti furono tra 170.000.
Quello della Vandea è stato considerato il primo genocidio della storia moderna ed è stato perpetrato da coloro che proclamavano il trionfo della Ragione sulle tenebre del passato.
C’è da far pensare?
Chi si ricorda di Cathelinau, di Charette, di Henri de la Rochejacquelin?
Cosa rimane oggi di tutto questo?
- A Les Lucs-sur-Boulogne il Memoriale della Vandea, un complesso museale, che racconta la storia della rivolta e della repressione, con una cripta che ospita le ossa di circa 560 vittime dei massacri.
- A Chabournay, il Cimitero dei Martiri, dove sono sepolti i resti di circa 900 persone uccise dalle colonne infernali nel 1794.
- A La Garnache, la Croce di Charette eretta – in onore del generale François de Charette.- dopo la restaurazione monarchica.
- Il simbolo della rivolta: un cuore sormontato da una croce rossa su campo bianco. Il contrassegno vandeano è il simbolo del Sacro Cuore di Gesù e Maria che San Luigi Maria Grignion Montfort predicava e che ancora oggi contraddistingue i religiosi monfortani e che viene di tanto in tanto riproposto da movimenti reazionari.