I progressi scientifici sono costanti. Sembra che sia stata individuata la causa principale dell’invecchiamento: l’ossidazione delle proteine.
Un “guru” dell’invecchiamento – Miroslav Radman – afferma che «potremo tutti raggiungere un’età intorno ai 120 anni»: mi fa un po’ sorridere quel “potremo TUTTI”, io certamente no (Inutile farsi illusioni, se anche nutrissimo questo desiderio, non saremo noi ma neanche i nostri nipoti a raggiungere questo traguardo).
La prospettiva “positiva” è che si potrà morire nel pieno possesso delle proprie capacità intellettive (niente più Alzheimer o demenza senile) e senza dover soffrire di malattie croniche quali il cancro, il diabete ecc…
Tutto questo potrà avvenire senza modificazioni genetiche. È pur vero che molti hanno nel proprio DNA dei geni che predispongono a malattie croniche ma esiste un meccanismo che le disattiva: il problema che si riscontra è che questo meccanismo, a un certo momento attualmente non identificabile, cessa di funzionare.
I più recenti studi hanno dimostrato essere la corrosione delle proteine, causata dai cosiddetti radicali liberi la motivazione principale dell’invecchiamento, che – udite, udite – inizia intorno ai dieci anni!
I centenari hanno tutti delle proteine “inossidabili” mentre coloro che muoiono giovani ne hanno di sprovviste di questa caratteristica e quindi si ammalano di questa o quella malattia.
Per avanzare la ricerca si deve indirizzare a individuare nei centenari cosa c’è all’origine delle proteine “inossidabili”.
Detto questo – le notizie le ho prese da un articolo apparso sul numero di ottobre della rivista francese “Le Point” – ci si pone la domanda: ma quanto è auspicabile che l’umanità sia costituita tutta da ultra centenari, anche se in buona salute?
Ho interrogato CHAT GPT (la più nota risorsa di Intelligenza Artificiale disponibile a tutti) sulle conseguenze di un aumento della vita media umana a 100 anni. Secondo lei – a poco a poco ci si deve abituare a trattare la Intelligenza artificiale come un qualcosa dotato di una ‘personalità propria’ – bisogna citare tra l’altro:
- un impatto sulla economia e sul sistema pensionistico (altro che quota 103 o 104! Si dovrà lavorare molto più a lungo. Questo potrà anche essere positivo per chi svolge un lavoro ‘interessante’ ma per chi invece fa lavori pesanti o noiosi o ripetitivi?)
- Una sfida per il sistema sanitario che si dovrà attrezzare per fare fronte a una domanda accresciuta di servizi. (Figurati un po’, con i chiari di luna dei sistemi sanitari già in crisi, dove esistenti, in tutti i paesi del pianeta!)
- La ristrutturazione delle città che dovrebbero essere rese più ‘vivibili’ per una popolazione più anziana. (Già oggi la qualità della vita in molte città – Roma ad esempio – per un numero non piccolo di persone è miserevole. Questo obiettivo costituirebbe un’impresa titanica per qualsiasi amministratore).
- Un impatto sulla famiglia. I componenti della famiglia coprirebbero quattro o cinque generazioni, con un numero crescente di anziani. (Niente più foto della intera famiglia come facciamo oggi. Si dovrebbe noleggiare uno stadio!)
- Un impatto sulla popolazione del pianeta. (Se si vivesse di più la popolazione aumenterebbe anche se il tasso di natalità rimanesse ai livelli attuali. Avere o meno un figlio diventerebbe un problema “sociale” e quindi dovrebbe essere regolato da norme statali – tipo la Cina del “figlio” unico).
Detto questo, il mio pensiero, che è ‘spassionato’ dato che per motivi anagrafici la cosa non mi riguarda – è che sarebbe meglio orientare la ricerca verso obiettivi meno impattanti!
Voi cosa ne pensate?
Sono riflessioni molto interessanti! Tuttavia la qualità di vita ha un gran peso sulla bellezza di vivere più a lungo.. in questo momento si sente l’urgenza di aumentare la qualità della vita più che la quantità
Anche no! Non mi interessa sopravvivere.