LA LAMPADINA/RACCONTI – Oppenheimer ebbe dei precursori?

 di Giovanni Verusio, Autore Ospite de La Lampadina 

Armi

Certamente sì, ne ebbe moltitudini, qui parleremo di due meno noti, ma di grande impatto. Occorre però introdurre il tema del loro campo in termini più generali.
All’uomo ha sempre sentito, per diverse ragioni, il bisogno di ammazzare i suoi simili. L’uomo preistorico ammazzava il suo vicino a bastonate o a sassate. Poi scoprì che se lanciava il sasso invece di usarlo come un martello o faceva la punta al suo bastone e ci legava una scheggia di ossidiana, poteva colpire il nemico standogli discosto sì da non prendere una bastonata. Capì anche che più stava lontano dal nemico, tanto più era agevole ammazzarlo senza esserne ferito o ucciso. Nacquero così l’arco e la freccia, la fionda e la pietra, la balestra, le staffe per stabilizzarsi sulla sella dei cavalli e, di conseguenza, le corazze per proteggersi.
Ma la portata di queste armi era ancora troppo corta, il che indusse l’uomo a cercare un propellente che consentisse di lanciare un proiettile contro un nemico che stesse ben più lontano o di distruggere il muro dietro il quale si era acquattato.
Si dice comunemente che furono i cinesi, all’inizio del secondo millennio della nostra era, a scoprila. L’invenzione arrivò in qualche modo in Europa e si narra che, nel 1250 in Germania fu ottenuto una polvere che bruciava violentemente, sviluppando un forte calore per un brevissimo tempo. Fu però soltanto nella seconda metà del 1300 che la formula ne fu definita: 75% nitrato di potassio, 10% zolfo e 15% polvere di carbone. La presenza di quest’ultimo elemento determinò il suo nome: polvere nera.
Si capì anche che comprimendo una dose di polvere nera in un tubo, schiacciandoci  poi sopra il proiettile e dandole fuoco, dapprima con una miccia e poi con la scintilla prodotta da una pietra focaia, si otteneva un’esplosione la cui forza  si scaricava unicamente verso la bocca del tubo e  faceva partire il proiettile verso il suo bersaglio.
La polvere nera poteva essere usata solo per armi ad avancarica (le armi a retrocarica che la avessero usata esplodevano in faccia ai tiratori), faceva molto fumo (e puzzo) ed aveva una potenza abbastanza limitata.
L’occidente dovette contentarsi di vivere (o meglio di ammazzare) con la polvere nera per più di cinque secoli: da noi, fu sporadicamente in uso, con i Carabinieri, fin verso la fine dell’800.
Dapprima la canna servì a scagliar contro il nemico dei proiettili inanimati: palle di pietra che facevano molto danno alle strutture fisse che colpivano, ma non ai soldati che si trovavano anche molto vicini al posto dall’impatto. Poi il cannone, che di questo si trattava, fu dotato non solo del propellente per ciò che scagliava, ma lo stesso proiettile, riempito di esplosivo, scoppiava al momento in cui colpiva il bersaglio, magari uccidendo anche i soldati circostanti. Dopo ancora, le bombe esplodenti furono lanciate sull’obbiettivo da un aereo, come la bomba atomica dall’Enola Gay, che poi tornò illeso al punto di partenza. Finalmente il propellente fece parte dello stesso  proiettile: nacque il razzo. Siccome gli ultimi marchingegni erano molto cari, si cominciò a prestare maggiore attenzione alla loro efficacia. Ciò portò ai bombardamenti delle città tedesche con bombe incendiarie al fosforo (35.000 civili bruciati ad Amburgo in due giorni) e finalmente alla bomba atomica (80.000 civili uccisi in poche ore a Hiroshima).
Qui di seguito sono tratteggiate le storie di due inventori di armi nei cui confronti la bomba atomica è roba da asili nido.

Ascanio Sobrero

Cavallermaggiore, un piccolo Comune in provincia di Cuneo è certo  più nota per la sagra del Gorgonzola, che vi si tiene ogni anno, che per il grande Liceo ad indirizzo tecnico intestato ad Ascanio Sobrero.
Ascanio Sobrero era nato nel 1821 nella vicina Casale Monferrato, ma la famiglia era radicata a Cavallermaggiore dove il padre faceva il medico. Anche Ascanio si laureò in medicina, ma frequentando il Laboratorio Chimico dell’Arsenale di Torino, si appassionò alla sperimentazione chimica.
In quei tempi, come peraltro oggigiorno, l’Italia non offriva grandi prospettive a giovani ricercatori e Ascanio fu indotto a recarsi all’estero, dapprima  a Parigi presso il grande Laboratoire  Pelouze e poi presso la Liebig di Giessen in Germania.
Pasticciando con diversi prodotti che includevano i nitrati, scoprì, nel 1847 la piroglicerina, chiamata anche “olio fulminante” e poi, mescolando glicerina con una mistura raffreddata e concentrata di acido nitrico e l’acido solforico: la nitroglicerina. Non brevettò mai le sue in invenzioni.
La nitroglicerina aveva una curiosa duplice funzione: era un potente esplosivo ma anche un farmaco.
La nitroglicerina si presentava come un prodotto oleoso, di un innocente  colore giallastro e senza alcun odore particolare, ma se se ne lasciava cadere per terra anche una sola cucchiaiata, se si sbattevano i recipienti in cui era contenuta, se la temperatura dell’ambiente superava i +30° o si abbassava oltre i -10°, esplodeva con una fiammata che sviluppava un forte calore. Dopo cinque secoli di polvere nera, Sobrero aveva scoperto un esplosivo cinque volte più potente, che non produceva fumo, ma che presentava grossi problemi di handling. La sua forza propellente non poteva essere sfruttata nelle cariche dei proiettili di artiglieria, perché avrebbe fatto saltare soprattutto i cannoni che li sparavano. Fu quindi usata soprattutto nella confezione di mine nelle miniere e per tracciare il percorso dei binari in un’epoca di  sviluppo delle ferrovie . La nitroglicerina doveva comunque essere trattata con grande prudenza, trasportata in carri particolarmente molleggiati al cui interno era stivata in supporti muniti di elastici, conservata poi in ambienti la cui temperatura  era controllata. Ciò non ostante, ogni tanto si verificava uno scoppio spontaneo, spesso funestato da vittime.
Gli Stati Maggiori europei friggevano: erano consapevoli della scoperta di un nuovo, potente esplosivo, ma non potevano usarlo nelle munizioni dei loro eserciti.
La scoperta giunse all’orecchio di Immanuel Nobel, un industriale chimico svedese,  che, da un suo stabilimento a  San Pietroburgo, forniva esplosivi all’esercito russo durante  la guerra di Crimea. Si mise a condurre esperimenti con l’olio fulminante in un  altro piccolo stabilimento che aveva a Heleneborg, in Svezia, che affidò ai suoi due figli Alfred ed Emil (o Ludwig). Senonché una  grande esplosione durante un sperimentazione, dovuta all’alta instabilità della nitroglicerina uccise Emil e cinque operai.
Rimasto solo, Afred continuò i suoi esperimenti vòlti a trasformare la interessante ma scarsamente fruibile invenzione di Sobrero, in un esplosivo stabile e  trasportabile, che quindi potesse costituire una componente importante delle munizioni di una guerra moderna.
L’idea di Alfred Nobel fu di mescolare la nitroglicerina con sostanze inerti. Dopo lunghi esperimenti con diverse sostanze quali: segatura, farina fossile, pezzetti di carta, argilla, gesso  trovò la soluzione e, nel 1867, brevettò la sua invenzione con il nome di “Dinamite” (da Δúναμis, forza). La formula della dinamite comprendeva oltre al glicerolo, una importane percentuale dose di acido nitrico, che si ottiene dal salnitro, e di acido solforico mescolati a farina fossile e/o a silice. Nes risultava  un esplosivo circa cinque volte più potente della polvere nera, che non produceva fumo ed era stabile, infatti poteva essere traportato anche su strade dissestate, urtato, lasciato cadere, esposto al calore ed al gelo senza esplodere.
Di conseguenza, il prezzo del salnitro, balzò alle stelle: non era più soltanto un fertilizzante al pari del guano, ma l’elemento essenziale di un nuovo, potente e sicuro esplosivo di cui oramai nessun esercito poteva fare a meno.
Neanche venti anni dopo, la scoperta fece scoppiare una guerra.
Il deserto di Atacama, che apparteneva alla Bolivia, era praticamente una enorme pentola piena di salnitro.  Le cave di salnitro erano operate da società cilene con operai cileni. La Bolivia si accorse che tutto quel ben di Dio lasciava il suo territorio senza lasciarvi niente e decise di imporre un dazio doganale. Il Chile, senza passi intermedi, occupò il porto di Antofagasta. Scoppiò la guerra nota come la Guerra del Pacifico, che coinvolse anche il Perù. Resultato: 40.000 morti e tutta la regione di Atacama, dalla Cordigliera di Limpèz  all’Oceano Pacifico, passò al Chile.
Fino alla prima Guerra Mondiale, la dinamite fu usata dai belligeranti nelle  varie guerre nel mondo causando milioni di vittime.
Alfred Nobel divenne immensamente ricco  con lo sfruttamento del suo brevetto, ma fu accusato da un giornale francese di essere un “mercante di morte” e subì  l‘ostruzionismo della Società europea.
Con l’animo devastato dal senso di colpa dai milioni di morti causati dalla sua invenzione, lasciò per testamento tutto il suo residuo patrimonio, all’epoca stimato in 180 milioni di Euro, ad una Fondazione che ogni anno, a partire dal 1901, premiò eminenti studiosi nei campi della chimica, medicina, fisica, letteratura e, come si legge nel suo testamento: ”alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace”. Nel 1969 fu aggiunta l’economia. Il Premio Nobel resta il più prestigioso (ed economicamente appetibile) riconoscimento dei prodotti dell’intelligenza umana. Alfred morì a San Remo nel 1896.
La dinamite è tuttora usata nelle miniere e nella demolizione e  costruzione di grandi infrastrutture quali gallerie ferroviarie, la nitroglicerina oramai solo in cardiologia, quale vaso-dilatatore (in dosi minuscole però!).
Se Alfred Nobel fu il padre della dinamite, il nostro Ascanio Sobrero, dotato di ben minore talento commerciale ed appena sfiorato dalla fama, ne fu certamente il nonno.

Fritz Haber
Il 22 Aprile 1915, i soldati francesi che occupavano le trincee a Ypres, un villaggio belga, percepirono nell’aria uno strano odore di ananas. Poi, gettando lo sguardo oltre l’orlo delle trincee, videro una grande nuvola verdastra strisciare verso di loro sospinta dal vento. Era alta tre metri e larga circa sei chilometri. Quando la nuvola giunse alle trincee, il cloro contenuto in quel gas penetrò nei polmoni dei soldati producendo acido cloridrico. I soldati caddero a terra schiumando  un muco verdastro e ben presto 5.000 soldati francesi erano morti per mancanza di ossigeno, contorcendosi come salamandre al fuoco, mentre i tedeschi non ebbero neanche un ferito.

German chemist Fritz Haber with a cigar in his hand. Germany, 1920s (Photo by Mondadori PortfolioMondadori via Getty Images)

Quel gas, chiamato “Yprite” dal luogo dove fu impiegato per la prima volta, era stato formulato da Fritz Haber, un brillante chimico, che serviva con il grado di Tenente nell’esercito del Kaiser Guglielmo. Fu premiato con la promozione a Capitano,  decorato con la Croce di Ferro di Seconda Classe e invitato a cenare con il Kaiser in persona.
Durante una riunione celebrativa dei suoi successi al fronte, la moglie Clara Immerwahl  lo accusò di avere corrotto la scienza,  di essere un assassino, creatore un mezzo di sterminio di massa e, scesa in giardino, si suicidò con un colpo della  pistola che il marito aveva lasciato nel guardaroba. Dopo la fine del conflitto, nel 1918, nonostante che anche gli Alleati si fossero serviti di gas tossici, Haber fu dichiarato criminale di guerra e costretto a rifugiarsi in Svizzera dove gli giunse la notizia di aver vinto il Premio Nobel per la Chimica. Il premio non gli fu conferito per l’invenzione dell’Yprite, ma di un metodo per estrarre l’azoto dall’aria. Oggi la metà degli abitanti della terra si nutre grazie all’invenzione di Fritz Haber, l’uomo “che fece il pane dall’aria” e più della metà dell’azoto contenuto nel corpo umano, ha origine  dalla sua invenzione. L’enorme aumento della popolazione del pianeta durante l’ultimo secolo non sarebbe stata certo possibile senza l’azoto prodotto con il metodo Haber, mercé l’uso del quale fu possibile mettere a disposizione dell’umanità prodotti agricoli in misura sufficiente a sfamarla.
Per cercare di fornire alla Repubblica di Weimar i fondi necessari per pagare il gravosissimo debito di guerra, Haber studiò anche un procedimento di estrazione dell’oro dall’acqua del mare, ma fallì. Le quantità di oro ottenute non giustificavano i costi di estrazione.
Tornato in Germania, Haber fu nominato Direttore dell’Istituto Kaiser Wilhelm per la Fisica e la Chimica, ove sviluppò una serie di nuovi prodotti chimici tra cui un pesticida a base di acido cianidrico che fu usato con grande successo per eliminare i pidocchi, pulci e cimici che infestavano le navi oltre che i ratti nelle caserme. Con rifermento alla grande aggressività e la rapidità con cui agiva il prodotto, Haber lo chiamò “Ciclone” (Zyclon).
Poi, nel 1933, Haber fu costretto a lasciare la Germania per sfuggire alle Leggi razziali ed alle persecuzioni  che il Governo nazista attuava con sempre maggiore incisività e rigore contro gli ebrei come lui. Morì a Basilea nel 1934.

La soluzione finale
L’anno 1942 era appena cominciato, quando 14 uomini ed una stenografa (di cui non è stato tramandato il nome) si riunirono in una villa sulle sponde del lago Wannsee vicino a Berlino. Sei di loro erano alti funzionari di diversi ministeri e otto appartenevano agli alti gradi delle SS e della Polizia. Nessun rappresentante della Wehrmacht era presente. Presiedeva la riunione l’Obergruppenführer (equiv. a Generale di Corpo d’Armata) Heydrich e fungeva da Segretario l’Obersturmbannführer (equiv. a Tenente colonnello) Eichmann. Lo scopo della riunione era la preparazione di un piano che desse attuazione alla decisione del Cancelliere Adolf Schikelgruber, più noto con lo pseudonimo di Hitler, di sterminare gli ebrei in Europa: è il cosiddetto Endlösungprojekt (progetto di soluzione finale). Del verbale, redatto da Eichmann, nel quale il progetto è più volte nominato, furono fatte trenta copie  una delle quali è fortunosamente giunta sino a noi. È un documento che sgomenta per il suo implacabile efficientismo e la sua  cinica ferocia.
In Europa vivevano al momento 11.000.000 di ebrei. Coloro che vivevano in Italia, Spagna, Svezia, Portogallo, Svizzera, Turchia Europea, Inghilterra, Irlanda, 478.000 in totale, erano al momento al di fuori della portata delle SS e quindi dovevano essere dedotti da quel totale. Tuttavia un paragrafo del verbale redatto da Eichmann menziona che Heydrich propose di contattare il Capo della Polizia: ”per risolvere il problema in Italia” per quanto riguardava gli ebrei ivi residenti.
L’impegno richiesto era gravosissimo: come uccidere almeno dieci milioni di civili?
Le esperienze passate non erano state positive: “solo” circa 85.000 ebrei erano stati eliminati in Polonia e nelle terre occupate dell’Unione Sovietica mediante fucilazione. Ma la procedura era lenta e complicata: bisognava dapprima far loro scavare una grande fossa, poi farli spogliare ed entrarvi, poi allineare le Einsatztruppen (una specie di soldati territoriali) sui bordi della fossa e dare l’ordine di sparare nel mucchio. Gli spari risuonavano nel vicinato assieme alle urla dei disgraziati: molti erano solo feriti ed i soldati dovevano scendere nella fossa e, camminando sui cadaveri, finirli con un colpo alla nuca. Spesso i soldati erano travolti dall’orrore di ciò che stavano facendo e si rifiutavano di continuare oltre il primo scaglione di vittime. Si calcolò anche che ci sarebbero volute in media due cartucce per ogni vittima e quindi 20 milioni di cartucce, e si sostenne che quelle munizioni sarebbero state impiegate molto più razionalmente contro le truppe sovietiche al fronte.
Si pensò allora di incrementare l’uso di autocarri modificati con il tubo di scappamento che si immetteva all’interno dei cassoni. Le vittime venivano stipate nei cassoni, gli sportelli venivano chiusi ed i motori accesi. Poi non restava che aspettare: era un sistema del tutto silenzioso, se si eccettuano le urla di coloro che stavano soffocando. Non era però ancora ben noto quanto tempo fosse necessario per ucciderli, cosicché spesso tra i cadaveri che rotolavano dai cassoni quando venivano aperti, qualche corpo dava ancora segni di vita o si riprendeva dopo alcune  ore e doveva essere ucciso con un colpo di pistola. L’applicazione di  questo sistema su larga scala avrebbe comportato la necessità di rilevanti quantità di benzina, che sarebbero state utilizzate con ben  altra urgenza nei serbatoi dei carri armati in Russia ed in Libia.
Non restava che cercare un gas. Quale gas? Il Zyklon era il più noto essendo già stato “testato” con successo su 600 prigionieri di guerra sovietici nel settembre 1941. Naturalmente furono necessarie piccole modifiche nella formula per renderla più “adatta” agli esseri umani, cosicché il prodotto pronto per “uso umano” fu nominato “Zyklon B”.
Il Zyklon B fu usato già nel marzo 1942 ad Auschwitz ed a Belzec e poco dopo, entro luglio, anche nei campi di Sobibór e Treblinka, poi anche in altri campi. Risparmio al lettore la descrizione dell’aspetto dei cadaveri estratti dalle camere a gas.
In conclusione Fritz Haber inventò un prodotto che uccise in modo atroce circa sei milioni di suoi fratelli ebrei, compresa la sorellastra, il cognato ed i nipoti, uccise cioè un numero di uomini, donne e bambini inermi ed innocenti ben più elevato del numero complessivo dei militari  tedeschi, inglesi, francesi, americani ed italiani caduti nel corso dell’intera Seconda Guerra Mondiale. Se fosse vissuto abbastanza a lungo per apprenderlo, immagino che il peso sulla sua coscienza sarebbe stato devastante.
Come si dice a Napoli: “A volte o’ diavolo è scfizioso”.
Questa storia sarebbe forse una di quelle volte, se non si trattasse di una storia di orrore e di infinito dolore, lutto e tristezza.
P.S. “Shoah” (שׁוֹאָה) è la parola ebraica, entrata oramai nell’uso comune, che viene usata per indicare questi avvenimenti. È comunemente tradotta con “olocausto”. La traduzione però è sbagliata. Olocausto è parola greca che indica un sacrificio con fuoco, in cui cioè le carni dell’animale sacrificato vengono bruciate sull’altare del Dio officiato. La traduzione corretta di “shoah” è: genocidio.

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