Articolo di M. Serena Ambroso*, Autore Ospite de La Lampadina
Dal 2001, nella terza settimana di ottobre, si celebra la Settimana della lingua italiana nel mondo, organizzata dalla Rete diplomatico-culturale della Farnesina (gli Istituti italiani di Cultura operanti all’estero), e da varie istituzioni culturali italiane fra le quali la Rai, l’Istituto dell’Enciclopedia italiana e l’Accademia della Crusca. All’estero, la manifestazione si avvale anche della collaborazione dei Dipartimenti o delle Cattedre di Italianistica di numerose università straniere. Tale iniziativa, incentrata ogni anno su un tema diverso, è ormai divenuta l’evento culturale più rilevante per la diffusione della lingua e cultura italiana all’estero; al suo successo contribuiscono numerosi studiosi, artisti, scrittori e intellettuali.
Quest’anno dal 14 al 20 ottobre ha avuto luogo la XXIV edizione, incentrata sul tema L’italiano e il libro: il mondo fra le righe, il filo rosso che attraverso iniziative diversificate ha esplorato il rapporto nel mondo contemporaneo fra la nostra lingua e la nostra letteratura, enfatizzando il ruolo del libro, sia in formato cartaceo che elettronico, quale veicolo del nostro patrimonio culturale. Negli stessi giorni l’editoria italiana ha partecipato alla Fiera del Libro di Francoforte come ospite invitata. Il suo accattivante motto è stato “Radici nel futuro”.
L’italiano è lingua ufficiale di sei Paesi: Italia, Repubblica di San Marino, Città del Vaticano, Svizzera (nel Canton Ticino è l’unica lingua ufficiale), Croazia (nella regione dell’Istria, unitamente al Croato) e Slovenia (in alcuni comuni istriani insieme allo Sloveno) dove è parlata come lingua madre da 64 milioni di persone.
A questo punto sorge spontanea una domanda: di quale considerazione gode al giorno d’oggi la nostra lingua? Per rispondere, una precisazione è necessaria: non è questa la sede per occuparci della differenza fra lingua e dialetto nella comunicazione quotidiana né delle differenze fra italiano scritto o parlato e neanche delle caratteristiche delle numerose varietà dell’italiano; qui daremo solo dati quantitativi, distinguendo solo fra il numero dei parlanti l’italiano come lingua materna (L1) e il numero di chi la usa come lingua straniera (L2), vale a dire che l’ha studiata.
Interessanti sono i dati forniti da Ethnologue 2024: languages of the World e dalla CIA (Central Intelligence Agency): la prima istituzione elenca le lingue parlate come L1 da un minimo di 50 milioni di parlanti, mentre la seconda fornisce le percentuali dei parlanti le lingue L1 rispetto alla totalità degli esseri umani viventi sul nostro pianeta. Secondo questi parametri, con i suoi 64 milioni di parlanti nativi la nostra lingua occupa il 23esimo posto, con una percentuale irrilevante di utenti. Al primo posto troviamo il Cinese Mandarino (941 milioni, corrispondenti al 12,3% della popolazione mondiale), seguito dallo spagnolo (486 milioni, 6.0%), a pari merito l’Inglese (380 milioni, 5.1%), l’Arabo standard (380 milioni 5.1%), l’Hindi (345 milioni, 3.5%), il Bengali (237 milioni, 3.3%), il Portoghese (236 milioni, 3.0%), il russo (148 milioni, 2.1%) e il giapponese (137 milioni, 1.7%).
Grazie al numero crescente delle ricerche sulla nostra lingua condotte nel campo della linguistica italiana e della sociolinguistica che, in base all’osservazione sul campo, descrivono gli usi e le varietà della nostra lingua, nonché gli studi nelle scienze cognitive in relazione al funzionamento della mente quando un parlante incontra un altro sistema linguistico, ben altra posizione gode oggi l’italiano L2. Dal 2018 Ethnologue pone l’italiano al 4° posto nella classifica delle lingue più studiate al mondo (2.145.093 studenti), dopo l’inglese (1 miliardo e 135 milioni di studenti), il cinese mandarino (199 milioni di studenti) e lo spagnolo (74 milioni di studenti). Seguono il francese e il tedesco.
Che cosa ha determinato questo successo? Possiamo affermare che un fattore determinante sono stati i risultati nei campi di ricerca citati unitamente alla tecnologia e all’informatica, i quali hanno avuto una ricaduta ottimale sulla qualità dell’offerta formativa (insegnanti e materiali didattici) e sulla varietà degli obiettivi del percorso di apprendimento a disposizione di chi studia l’italiano e lo usa come L2.
Tale onorevole posizione è il risultato anche dell’impegno costante delle nostre istituzioni, prima fra tutte il Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale per la promozione della nostra lingua nelle università straniere attraverso i lettorati e la concessione di contributi alle cattedre di italianistica. A tutt’oggi, i lettorati finanziati dal MAECI sono 130, distribuiti in 63 Paesi nel mondo. A questi vanno aggiunti gli assistenti linguistici (studenti universitari o neo-laureati inviati nelle scuole di Paesi che offrono l’italiano fra le materie scolastiche) sostenuti finanziariamente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, nonché il Programma Erasmus che dall’estero attrae in Italia un gran numero di universitari.
Ovviamente, anche i successi degli italiani nei vari settori (cinema, musica, sport, architettura, gastronomia, tecnologia, ecc.) hanno dato un grande contributo all’incremento della diffusione della nostra lingua all’estero. Ad esempio, nel recente passato è stato rilevato un aumento significativo delle iscrizioni ai corsi di italiano L2 in coincidenza con le vittorie di Valentino Rossi. Per il futuro possiamo sperare in Jannick Sinner!
*Già Ordinario di Glottodidattica e Responsabile Ufficio della Certificazione dell’Italiano L2.
Università Roma Tre