All’Albertina di Vienna sino al 5 maggio esposte 200 opere dell’artista tedesco.
Articolo di Laura Novello – Autore ospite de La Lampadina
E’ la prima retrospettiva in Austria dedicata all’artista tedesco. 200 opere tra collages, dipinti, disegni, sculture, illustrazioni, libri, fotografie, filmati, realizzazioni artistiche appartenenti alle fasi della “sua autobiografia”. Vero e proprio sperimentatore della storia dell’arte Max Ernst assieme a Matisse, Kandinskij, Picasso, Beckmann sino a Wharol è stato uno dei protagonisti della cultura del XX°secolo: forse,“il più surrealista dei surrealisti”.
Seguace di Dada (dadaismo: rompere gli schemi sociali in arte con qualsiasi mezzo anche non pittorico) Max Ernst segue la trasformazione di Dada nel Surrealismo, la teoria dell’irrazionale (o dell’inconscio- studiata anche da Freud- in arte). Conosce Eluard, Breton, Aragon, e assieme gettano ”un ponte” sull’indagine dell’inconscio, perché si pensa a quest’ultimo quale potente “luogo d’immagini”, denso di sterminate e misteriose forze della Natura, ricco di scene oniriche, autentiche e quindi il più adatto ad essere portato alla luce attraverso la pittura. Ecco che allora le esperienze del sogno si riveleranno importantissime. Max Ernst è convinto che le immagini sprigionate dall’inconscio proprio perché illogiche e libere siano tanto più salde e ricche d’imprevedibili risvolti da analizzare. Ecco perché Ernst è il più spregiudicato dei Surrealisti. Tecnicamente egli usa ancora la pittura come fosse fotografia o cinema nella produzione di oggetti/soggetti altamente simbolici. Dal tradizionale colore a olio passa al collage (carte a più insiemi).
Inventa la tecnica del “Frottage”(strofina matite morbide su superfici di carta sovrapposte: ruvide e morbide). Inventa personaggi,- figure vere o inventate- “gioca”tracciando paesaggi immaginari; crea Mostri/Vegetazioni: foreste, aggrovigliamenti di piante, fiori, rampicanti. Infinite varietà di erbe che ricoprono soprattutto i corpi di donne quasi nude; strepitose e coloratissime farfalle, prospettive di boschi dagli aspetti inquietanti…ed ancora in mostra, scene fiabesche con lussureggianti giardini, magiche ed incantate foreste: tutto questo perché? Per confondere e prendersi gioco dei critici d’arte! Accanto a queste incredibili opere spiccano una serie di ritratti, come quello dedicato a Gala (la moglie che poi si risposerà con Dalì), e dipinti a soggetto metafisico, come “Castore e Polluce in barca”.
Gli amici di Ernst nel periodo di Parigi sono Masson, Breton, Mirò, Tzara, Apollinaire ma, nello stesso tempo è in contatto con “Der Blaue Reiter” (Il celebre Cavaliere Azzurro fondato da Klee e Kandinsky a Monaco di Baviera). Si occupa di cinema e con Dalì crea la pellicola” L’Age d’Or”.
La sua arte “scomoda” durante la guerra diventa “degenerata”e per questo viene fatto prigioniero. Ci penserà Eluard a farlo liberare la prima volta, mentre la seconda Peggy Guggenheim, con la quale poi si sposerà.
Nella mostra di Vienna raccontata così l’intricata vicenda di Max Ernst, delle sue origini, della sua cultura romantica sullo sfondo del pensiero tedesco imperante di Nietzche dei primi decenni del secolo. Una pittura, quella di Ernst, capace di esprimersi davvero per enigmi, ricca di un universo creativo alternativo. Ecco perché, più volte è stato detto che in Ernst non è il sogno che crea le immagini ma l’inverso: è l’artista in realtà che esce quale spettatore: non dipingendo il sognato ma, “sognando dipingendo”
Laura Novello