ABBIAMO OSPITI – ATTUALITA’: le guerre del Sahara, prima puntata: il Mali

Articolo di Domenico Francesco Donato – Autore Ospite de La Lampadina

Incredibile se pensiamo che stiamo parlando dello stesso Continente squassato dalle guerre civili e contemporaneamente ricercato da persone che cercano una vita migliore…

Sembrava che la storia avesse consegnato al Cinema il compito di narrare l’epopea delle truppe coloniali francesi, e così, l’ultima volta che si erano visti così tanti militari marciare al lento ritmo cadenzato della legione straniera in terra d’Africa si era trattato delle sequenze della “Battaglia di Algeri”.
Non che la Francia in questi anni non abbia portato avanti il proprio ruolo di guida morale e di principale terminale economico dei paesi che costituivano l’AOF (Africa occidentale francese), ma, a parte qualche operazione di salvataggio nelle zone più calde delle molte guerre civili del continente, nessuno più immaginava che Marianne avrebbe dovuto rispolverare le vecchie glorie legionarie per contrastare forze ben organizzate.
Tutto questo, invece, è successo e non a caso.
Il Maghreb a nord e il Sahel a sud – quindi l’intera Africa attraversata dalla fascia sahariana – da diverso tempo costituiscono una pentola in evidente ebollizione e la miscela esplosiva che dentro si agita sempre più spesso ne fa saltare il coperchio.
Le “primavere arabe” delle nazioni maghrebine sono ancora ben lungi dall’avvicinarsi anche solo lontanamente ad un simulacro di democrazia occidentale (vedremo cosa diventeranno) e, nel frattempo, tutti i gruppi radicali “islamici” che vi fondano il loro retroterra culturale e logistico, oltre ad i propri serbatoi di arruolamento, si sono ringalluzziti ed, abbandonata la semplice guerra per bande, ora si sentono abbastanza forti per farsi entità statale.
E’ il caso del Mali, uno stato immenso, dai confini indefiniti ed in perpetuo movimento proprio come il Sahara che ne occupa circa i ¾ del territorio.
In questo paese, dove per decenni si sono alternati regimi militari e non, tutti egualmente corrotti, i movimenti del radicalismo wahabita/salafita, dopo aver sottoposto al proprio controllo il nord, stanno tentando di conquistarne il sud per costruire uno stato islamico sul modello di quello afghano-talebano pre “11 settembre”.
Ma quali logiche li muovono e perché proprio in Mali è cominciata la prima delle guerre postcoloniali del Sahara con il coinvolgimento diretto di un grande stato occidentale?
Intanto, questi movimenti non nascono oggi né, tanto meno, sono esclusivamente figli di AL QAEDA o di movimenti ad essa consimili; essi hanno radici più profonde, che affondano nell’antica rivalità tra l’elemento arabo-africano e le popolazioni nilotiche sudsahariane.
Il nord del paese, in via pressoché assoluta islamico, è abitato da popolazioni nomadi (i famosi Tuareg) che non hanno mai accettato il lascito che i vecchi padroni francesi hanno concesso agli abitanti del sud; né hanno mai accettato la centralizzazioni amministrativa (concetto del tutto astruso per un nomade abituato alle immensità degli spazi desertici)  portata avanti da Bamako, la capitale maliana.
E così, questi odi atavici, mai sopiti, hanno semplicemente trovato una nuova colorazione: quella del radicalismo religioso di origine wahabita (nella sua versione made in Maghreb; quella salafita), divenuto famoso nel mondo grazie a BIN LADEN e ai suoi sodali.
Il “laico” indipendentismo del Mali del nord è stato presto sostituito dalle formazioni islamiste Ansar Dine, MUJAO (Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa occidentale) e al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQIM), che, maggiormente dotate di mezzi, organizzazione e network internazionale, hanno inglobato le istanze etniche per convogliarle verso lo spirito della guerra santa, intollerante sia verso le vecchie oligarchie occidentalizzate sia verso l’islam più contaminato e reso di matrice “secolare” dalle influenze animiste delle popolazioni del sud del paese.
In questo contesto l’intervento francese, mirato alla tutela dei rilevanti interessi economici della Repubblica (la maledizione del Mali, come quella dei principali paesi africani è di essere povero sino allo stremo e contemporaneamente potenzialmente ricchissimo in caso di progresso dei processi estrattivi di materie prime fondamentali per lo sviluppo delle maggior parte delle nuove tecnologie).
In questo contesto, si rivela anche l’imbarazzo forte della Francia su come proseguire la propria missione e, soprattutto, lo smarrimento del concerto delle vecchie e nuove potenze mondiali dinanzi ad uno scenario che potrebbe moltiplicarsi in quasi tutti i paesi della macro-regione.
NL16 - 2 - Mali - 4 - vignetta BIGLa guerra in Mali non è il solito cambio della guardia locale che i paesi occidentali, ogni tanto, decidono di gestire sul piano militare e, più raramente, su quello umanitario.
Il conflitto può rappresentare, infatti, la prova generale di una più ampia deflagrazione di tutta la fascia sahariana dell’Africa, dall’Atlantico al Mar rosso, dal deserto libico/algerino sino al delta del fiume Niger, poiché la vecchia, precaria unità degli stati del Sahel – per lungo tempo, minacciata limitatamente dall’isolato regime Gheddafiano, sempre guardingo dal soffiare sul fuoco dell’odio religioso fondamentalista – oggi è messa a durissima prova da movimenti che godono di un ampio retroterra logistico (i paesi del Maghreb), da solidi finanziamenti internazionali, e, soprattutto, da un afflato ideologico senza precedenti che fa presa potente su popolazioni che si battono quotidianamente per sopravvivere.
Tralasciando per senso di pietà il plurimartoriato Sudan, chi sarà il prossimo? Il Ciad? Il Burkina Faso? La Repubblica Centro Africana? Il Niger o addirittura il colosso dell’Africa nera: la Nigeria.

Domenico Francesco Donato

Subscribe
Notificami

3 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Ferruccio Kustermann Kindelan
24 Maggio 2013 18:09

La presenza militare francese nell’ex Africa francese non è un ritorno di quest’ultimo periodo, ma una costante sin dalla data dell’indipendenza delle varie colonie.
Negli anni 70′ ho girato molto quei paesi, Niger, Alto Volta, Costa d’avorio, Togo, etc…, e spesso, nelle oasi più sperdute, incontravo piccoli reparti militari francesi.
D’altronde la Francia ha cercato di conservare con le sue ex colonie un rapporto privilegiato, che assicurasse vantaggi alle sue industrie e ai suoi prodotti e che mantenesse quei paesi nell’orbita culturale francese, e per ottenere (e garantire) questo ha fornito a questi paesi assistenza e istruzione militare. In piccolo quello che ha fatto il Regno Unito con il Commonwealth.
Questo, a prescindere dal fatto che piaccia o no, vuol dire avere una cultura storica e una visione geopolitica che spazia al di fuori dei ristretti confini nazionali.
Cultura e visione che è mancata e manca ai governanti del nostro paese che, a suo tempo, avrebbe potuto privilegiare i rapporti con l’Eritrea e con la Somalia, e che oggi potrebbe sfruttare molto meglio di quanto non facciano le diffuse simpatie e le potenziali aperture internazionali per la nostra cultura e per il lavoro delle nostre aziende.
Ferruccio Kustermann Kindelan

7 Maggio 2013 13:04

Un’analisi eccellente, che fa capire come l’Occidente continui a “maneggiare” l’Africa come 50 anni fa, mentre quel Continente si è radicalmente modificato e ha bisogno di un approccio strategico nuovo. I francesi bombardano creando sacche di contro-violenza negli estremisti, dall’altra parte i cinesi costruiscono strade e pozzi per foraggiare le loro industrie….alla lunga vinceranno i cinesi e l’Europa si troverà ad aver perso l’Africa…tutta, non solo il Maghreb, come è già accaduto.

Marcello
3 Maggio 2013 18:46

A quando la seconda emtusiasmante puntata?