Articolo di Pietro Zezza – Autore Ospite de La Lampadina
Qualche giorno fa a cena a casa di amici, parlando delle attuali attività di ciascuno di noi, Pietro Zezza ha cominciato a raccontarci del Suo lavoro di volontariato per conto della Caritas diocesana e della distribuzione e reperimento di quanto necessario per le loro attività benefiche.
Non sapevamo molto sul notevole lavoro ed io in particolare mi ero sempre chiesto come le grandi organizzazioni quali appunto la Caritas e altri, potevano gestire le varie fasi di recupero, di logistica e di controllo qualità di cibo, farmaci, vestiti e quant’altro e poi effettuarne la consegna ai bisognosi in una qualsiasi delle nostre città.
Ma veniamo al racconto di Pietro
Tra le tante attività della Caritas diocesana di Roma, ultimo ad arrivare è stato l’emporio della solidarietà inaugurato il 13 febbraio 2008 e situato all’interno della Cittadella della Carità in Via Casilina Vecchia (Ponte Casilino).
L’Emporio è essenzialmente un supermercato in cui famiglie autorizzate dai centri di ascolto preposti (quattro della Caritas Diocesana e una quarantina presso Parrocchie) possono venire a “fare la spesa” gratuitamente, prelevando i prodotti disponibili utilizzando come “moneta” i punti che sono attribuiti a ogni famiglia secondo la composizione del nucleo familiare.
Mensilmente accedono all’Emporio circa 400 famiglie cui corrispondono più o meno 1500 persone, ed escono prodotti alimentari per circa 15 tonnellate al mese!
La Caritas non compra prodotti! E allora da dove arrivano?
Una prima considerevole parte dalla AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) che da oltre 10 anni gestisce un progetto europeo di aiuti alimentari agli indigenti e che quest’anno sta dando: pasta, farina, riso, latte e formaggi, olio di semi, pomodori pelati, legumi, marmellate, biscotti. La Germania e altri Paesi del Nord Europa però sono contrari a questa forma di aiuti (l’Italia è finanziata per 100 milioni di euro l’anno) per cui, a meno di ripensamenti, con il 2013 questo programma finisce; il governo italiano sta cercando risorse per finanziare un progetto a livello nazionale.
Una seconda parte arriva dalle raccolte fatte davanti ai supermercati due volte l’anno: nell’ultima di maggio 2013 sono stati raccolti 2600 cartoni di prodotti per oltre 30 tonnellate complessive (grande lavoro dei volontari sia in fase di raccolta sia il giorno dopo per dividere i prodotti!).
Una terza parte arriva da donazioni di aziende produttrici e/o di distribuzione a puro titolo di beneficenza, mentre altre aziende donano regolarmente prodotti non più commercializzabili ma ancora non scaduti (all’Emporio non sono distribuiti prodotti dopo la data di scadenza anche se è solo una data “da consumarsi preferibilmente entro il…“); qui parliamo di quantitativi a volte molto alti: da una famosa industria di latticini con cui è stato fatto un accordo, da inizio maggio sono state ritirate 17 tonnellate di formaggi (e, pochi, salumi): questi prodotti arrivano con una settimana/dieci giorni di vita: è stata costituita una rete della solidarietà con tutte le mense attive a Roma (oltre ovviamente a quelle Caritas) che con preavviso di un giorno passano a ritirare.
Una quarta parte, per ora la più piccola, arriva dalla ”spesa on line” che ognuno di noi può fare collegandosi al sito www.emporiocaritas.org e scegliendo tipologia e quantità di prodotti che vuole acquistare e che saranno recapitati direttamente all’emporio.
Oltre ai prodotti alimentari sono presenti altri prodotti che vengono donati: prodotti di igiene; giocattoli (nuovi), perfino una donazione di bistecchiere! Vestiti etc etc.
Tra le persone che vengono a “fare la spesa” ci sono alcuni casi veramente particolari: sono entrato in contatto con un uomo, età tra i 70 e gli 80, che si trascinava un trolley per riporci i viveri; aveva un gran desiderio di parlare, e mi ha raccontato di parlare sei lingue (in effetti gli ho parlato in inglese ed in francese e mi ha risposto a tono, poi lui è passato al latino ed io mi sono perso!), di avere solo la pensione sociale (circa €450/mese) perché i suoi primi datori di lavoro non gli avevano messo le marchette (ricordo dei miei primi anni di lavoro), di vivere ora in una stanza e di aver dovuto dare via tutti i suoi libri per mancanza di spazio, e di essersi iscritto ad una biblioteca comunale per poter continuare a leggere. Grande dignità.
Il problema maggiore di rapporti lo si affronta quando vengono giornalisti e registi di qualche programma televisivo che vogliono fare pezzi sulla povertà: spiegare loro che la maggior parte delle persone non vuole essere ripresa (e che comunque non possiamo essere noi a chiederlo) e che la dignità delle persone, soprattutto di chi è in maggior difficoltà, deve venire prima di tutto.
L’Emporio della Solidarietà è uno degli strumenti per cercare di aiutare chi è in difficoltà; è bello perché lascia agli utenti possibilità di scelta (e questo è il primo sintomo di libertà) e cerca comunque di mantenere il più possibile il modo di vivere abituale: si va ad un supermercato, si scelgono i prodotti, si gestisce un budget (anche se di punti e non di euro).
Più recentemente è stato aperto un secondo emporio (più piccolo e gestito interamente da volontari) a Spinaceto; è ora in programma di aprirne un terzo a Roma Nord (forse a Primavalle), cercando di evitare agli utenti ore in autobus.
Interessante quanto ci ha raccontato Pietro. Mi chiedo se questo tipo di attività sia comune a tutto il territorio nazionale e cosa succede all’estero considerati i dubbi dell’Unione Europea su questo tipo di assistenza.
Un punto di grande perplessità è per me sempre rappresentato dalla quantità di cibo e anche farmaci che molte aziende mandano allo smaltimento con costi paurosi quando alla scadenza o prossimi a questa. Certo, siamo tutti molto attenti quando leggiamo: “Da consumarsi preferibilmente entro il …….” ma che vuol dire esattamente?
Avevo fatto negli anni passati una piccola indagine tra i miei amici chimici ed esperti del settore e realizzato che quella frase è molto generica: gli alimenti, se tenuti con la giusta conservazione, possono essere consumati fino a qualche mese successivo. Cosa diversa per i farmaci, solidi, che possono perdere la loro efficacia, e assolutamente sconsigliabile per i prodotti liquidi.
Mi aveva anche colpito un articolo relativo a un’attività commerciale nel Regno Unito: molti prodotti prossimi alla scadenza o scaduti da poco, sono venduti a prezzi inferiori dall’80 al 50% del loro prezzo originale, naturalmente con tutte le indicazioni e garanzie di conservazione e con beneplacito delle autorità.
Mi chiedo quindi come fare a coniugare i costi alti di smaltimento, lo stato di necessità e la certezza che i prodotti che le aziende potrebbero offrire sono ancora perfettamente commestibili….il tutto con un pizzico di dignità?
Pietro Zezza – commenti di Carlo Verga