“Un anno senza Steve Jobs” è un libricino pubblicato qualche tempo fa sul Corriere della sera. Tante cose interessanti relative alla sua vita e al suo rivoluzionario sistema di comunicazione, oggi adottato nella più parte delle campagne pubblicitarie.
Steve Jobs era un grande comunicatore, impostava storie che coinvolgevano il pubblico in ogni presentazione di nuovi prodotti, divertiva e rapiva l’attenzione degli ascoltatori per ore, con il suo carisma convinceva anche i più dubbiosi e scettici.
I pregi di Steve Job, molti ma certo una delle chiavi del suo successo è stato quello di riuscire a impostare le presentazioni di se stesso e dei suoi prodotti riferendosi a un target non invasivo, ma parte di una storia. Un tipico esempio del suo modo di vedere le cose? In una campagna pubblicitaria, il cui target è la mamma, il racconto va esteso alla “donna in tutti i suoi aspetti dal lavoro allo sport o a qualsiasi cosa che la riguardi” per poi arrivare alla mamma. Per un’industria di scarpe per bambini, va preparata una storia sull’attenzione dei bambini verso gli animali, per poi concludere, se è il caso, che una pelle sintetica è migliore di quella animale che è quanto utilizzato dall’industria stessa per la produzione con il marchio XX.
In altre parole Il brand deve far parte di una conversazione che può essere anche complessa e spaziare su qualsiasi cosa fino all’identificazione finale di un prodotto, un impresa o altro.
Questo tipo di comunicazione era tipico di Steve Jobs e ha contribuito a renderlo famoso anche nel mondo della pubblicità. Tom Cook, il suo erede, è un pragmatico, solido, con le idee chiare sull’organizzazione, sulla finanza e sui numeri ma riesce a coinvolgere solo quella parte dell’audience che ne capisce la potenzialità e le strategie finanziarie, poco il grande pubblico, Tom Cook non è Steve Jobs.
La Apple e il grande comunicatore, che fare ora che Lui non c’e più?
Non è facile trovare qualcuno che possa essere alla sua altezza e continuare nel suo metodo divulgativo…ma pensa e ti ripensa… l’idea la suggerisce il Wall Street Journal con un articoletto di qualche tempo fa, semplice e geniale: riportare in vita Steve Jobs! Ma come?
Il Wall Street Journal suggerisce anche questo: “un vecchio monaco buddista thailandese interpellato da un ingegnere informatico, racconta che Steve Jobs è ancora tra noi, è infatti reincarnato in un guerriero filosofo e vive in un favoloso e mistico palazzo di vetro sopra il suo vecchio ufficio di Cupertino. Da lì esercita il suo carisma, da lì controlla, suggerisce nuovi prodotti e ne fa le presentazioni cosi tanto apprezzate…. Idea questa sconvolgente, ma alla Apple pensano che le potenzialità narrative di una simile impostazione possano essere infinite, si rileverà vincente per i programmi a venire e se poi estesa ad ogni organo di informazione.
Questa idea, in realtà, si era venuta a formare dopo che La Mondial Video, ha trasmesso un anno fa, un filmato su You tube “ Steve Jobs resurrection”. Incredibile, ma il video è stato visto da milioni di persone suscitando una forte emozione e Media Video continua a proporne versioni nuove e aggiornate…ebbene questi tipi di messaggi sono dei “ transmedia story telling”.
Certo, vederlo “resuscitare ”, cosi, come suggerito dal Wall Street Journal: cosa pensarne?
Si geniale, anche il far rivivere…Steve Jobs. Certo qualche imbarazzo mentale lo crea ma dobbiamo adeguarci ai tempi..grazie del commento
Carlo
Questo metodo pubblicitario di Steve Jobs lo vedo come un perfezionamento del cosiddetto “Trascinamento”. Cioè l’apporre (o affiancare)al prodotto una Immagine, già positivamente nota, il cosiddetto “Testimonial”, che può essere una persona, oppure altro. Vedo dall’articolo che Steve Jobs, ha “allargato” il concetto ad una storia vera e propria, congegnata in modo da portare all’oggetto da reclamizzare. E’ effettivamente un’idea geniale che apre la strada a creatività nuove. Alberto Busato