Il Guggenheim Museum organizza, a febbraio, nella sua sede di New York, “The Italian Futurism 1909-1944”, una vera “ricostruzione futurista dell’universo”. Con quasi 400 opere, rappresentative di gran parte dei circa 90 artisti italiani che aderirono al movimento, la prestigiosa fondazione Solomon Guggenheim ha deciso di rendere onore al futurismo italiano con un’importantissima mostra, prendendo in considerazione il movimento dalla sua nascita alla sua scomparsa, ovvero alla fine della seconda Guerra mondiale.
La mostra presenterà, in ordine cronologico, le diverse tappe del movimento dimostrando come abbracciasse tutti i settori della creatività: la pittura, la scultura, l’architettura, il design, la ceramica, la moda, i film, la fotografia, la pubblicità, la poesia a forma libera, e poi pubblicazioni, musica, teatro, performance e persino la cucina. Credo che non rimanga più nient’altro come mezzo espressivo per parlare di un movimento che ha avuto, in Nord America, con largo anticipo sul resto del mondo, l’interesse del collezionismo museale e di quello privato.
Il futurismo prende corpo dopo la pubblicazione da parte del poeta Italiano Filippo Tommaso Marinetti del Manifesto del Futurismo, apparso in anteprima sul Giornale dell’Emilia di Bologna, in data 5 febbraio 1909. Il maggior protagonista sarà Umberto Boccioni al quale si affiancheranno Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo e Carlo Carrà.
Legato a un momento storico culturale particolare, spinto dai cambiamenti politici, la veloce trasformazione della società e la rivoluzione tecnologica in atto, questo movimento ha sicuramente influenzato tutta l’avanguardia dell’inizio del Novecento. Introduce il concetto di dinamismo: l’arte deve essere capace di rendere l’idea del movimento, della velocità, di “porre lo spettatore al centro del quadro”. Deve trasmettere insieme a tutte le forme di espressioni della creatività, il senso di rinnovamento e di trasformazione che investe il mondo di allora.
Grazie a questa importantissima mostra, diventerà chiaro il concetto che farà dire a Marinetti «Chi pensa e si esprime con originalità, forza, vivacità, entusiasmo, chiarezza, semplicità, agilità e sintesi…Chi vuole svecchiare, rinvigorire e rallegrare l’arte italiana, liberandola dalle imitazioni del passato, dal tradizionalismo e dall’accademismo e incoraggiando tutte le creazioni audaci dei giovani.. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. .. un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari. ».
La curatrice della mostra Vivien Green, curatrice del dipartimento d’arte del 19 ° e inizio del 20° secolo l’arte presso il Guggenheim Museum e grande studiosa delle avanguardie europee aveva già, qualche anno fa, presentato nel museo l’enigmatico quadro “Materia”, di Umberto Boccioni. Ma con l’idea che “è il momento di rivalutare e di ampliare la nostra nozione di ciò che l’avanguardia ha significato” la Green, con l’aiuto di un comitato consultivo internazionale, ha deciso di organizzare questa importante mostra. Ha fatto arrivare le opere in prestito da vari musei europei e da numerose collezioni private.
Nello stesso contesto, approfittando del rinnovato interesse per il modernismo degli artisti dei primi anni del ventesimo secolo, Simon Shaw di Sotheby’s New York, sostenendo che “Il Futurismo è uno di quelli ‘ismi’, dove grandi cose raramente arrivano sul mercato“, “E ‘stato un movimento di breve durata, e la maggior parte dei migliori esempi sono o in collezioni private italiane o nei musei”, ha messo, come star nella sua asta di impressionisti e arte moderna dello scorso 6 novembre, “Automobile in corsa“, del 1913, di Giacomo Balla, mettendo quasi in secondo piano, nella vendita della collezione di un grande collezionista Svizzero di avanguardie, altre importanti opere di Gris, Miró e Picabia. L’opera è un primo esempio di opera futurista di Balla, una serie di turbinii in bianco, grigio e nero che danno allo spettatore l’impressione di un’auto in corsa ed è stata venduta a undici milioni e quattrocento mila dollari.
Comunque non era mai stata allestita una rassegna come quella che si sta organizzando nell’edificio di Wright sulla Fifth Avenue e penso che valga la pena prepararsi per tempo e cogliere l’occasione per fare una scappata nella grande mela.
Dal 21 febbraio fino al 1 settembre 2014
Dal 22 al 27 Marzo La Lampadina organizza un viaggio per andare a vedere la mostra ma anche altre cose a New York, (questo un accenno del programma). Sarà un viaggio interessante non saremo molti, massimo 15/16 con prenotazioni in ordine di arrivo. Se ti interessa l’iniziativa o pensi di partecipare, scrivici ti mandiamo il programma completo e relativi costi.