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La Lampadina - n. 130 ::: Giugno 2024

Cari Lettori,
i nostri scrittori in questo numero ci portano un po' in giro a (ri)scoprire figure e opere cadute nell'oblio di molti.
Marguerite ci parla di una dutturissa che nella Sicilia del Trecento, un periodo eccezionale di pace tra le culture cristiana, islamica ed ebraica, ha il permesso di esercitare la professione di medico. A volte sembra che gli umani abbiano la capacità di rimuovere e non imparare le lezioni del passato.
Emanuele invece ci ricorda una figura dimenticata della letteratura italiana del secolo scorso, Guido Morselli.
Ancora, Carlo ci fa rivivere con il suo racconto la visita al carcere dell'isola di santo Stefano, un luogo che confondeva gli uomini che vi si trovavano segregati e ne faceva dimenticare l'esistenza a coloro che vivevano sulla terraferma, anche questa una varia forma di oblio profondo.
Elvira ragiona dell'Italia, raccontata, vissuta, con zone d'ombra, episodi storici eclatanti e altri seppelliti sotto una coltre di ignoranza o rimozione collettiva.
Beppe ci spiega la nozione di acheropita, che forse non tutti conoscono. Anche in questo caso, ci sono prove a favore e contro, dove il pro corrisponde ad esistenza e verità, e il contro all'insussistenza e falsità.
Un numero da decifrare tra le righe.
Buona lettura!
ICH

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Lunedi, 10 giugno 2024

Ciao,
oggi la nostra Lampadina si accende su:


CULTURA - Virdimura, una fimmina che diventa dutturissa. Una novita nella Sicilia di fine Trecento
Articolo di Marguerite de Merode Pratesi

Partecipando recentemente alla presentazione di un libro[1]*, ho scoperto una figura femminile straordinaria, ma poco conosciuta. Sto parlando di Virdimura, di origine ebraica, che cresce a Catania, capitale del Regno di Sicilia durante la dinastia aragonese. È figlia di un medico di nome Uria, che «educa la figlia alla conoscenza delle erbe e delle sue proprietà, del corpo umano e dei suoi organi».
La giovane donna eredita presto la passione per la medicina. Siamo nella fine del Trecento, in un periodo eccezionale di pace tra le culture cristiana, islamica ed ebraica e in quei giorni, Virdimura ottiene la storica "licenza per curare" dalla Real Casa di Sicilia. Ricordiamoci che spesso le donne che si avvicinavano alla professione medica venivano considerate streghe e fattucchiere anche se, in realtà, erano medici a tutti gli effetti. Perciò questo riconoscimento avveniva solo in seguito ad un accurato esame da parte di una “commissione regia” diretta dal protomedico della corte reale, un funzionario pubblico incaricato di controllare l’attività sanitaria dello stato.
La Licenza che le viene concessa segna un momento storico significativo, poiché diviene la prima donna medico autorizzata ufficialmente ad esercitare la professione nell'isola. Oltre che portare la testimonianza di numerosi pazienti guariti a seguito delle sue cure, deve sostenere, superandoli brillantemente, diversi esami per dimostrare l’estensione delle sue conoscenze. Viene proclamata ufficialmente dutturissa il 7 novembre del 1376. È senz’altro fondamentale ricevere un riconoscimento e un’autorizzazione precisa e individuale da parte delle istituzioni preposte a valutare la preparazione dei medici e a sorvegliare l’esercizio dell’arte medica. Conquistare Il titolo di Magistra non corrisponde ad ottenere un vero dottorato, cioè lei non avrebbe potuto insegnare nelle istituzioni pubbliche visto che il vero e proprio dottorato era all’epoca una dignitas che veniva assegnato solo a medici cristiani.
Nella Sicilia della fine del Trecento la popolazione è notoriamente più tollerante nei confronti degli ebrei rispetto ad altre regioni, visto che si mantiene saldamente il patto ecumenico stabilito dai Normanni che riconosce la religione ebraica come la seconda religione di stato. Nonostante ai medici ebrei fosse vietato per lungo tempo di esercitare la professione tra i cristiani, se uno di loro si guadagnava una reputazione di eccellenza, gli veniva concessa una speciale dispensa dal Re di Sicilia per curare i cristiani sull'intera isola. In una Sicilia multietnica, Virdimura, suo marito Pasquale, anche lui medico, e suo padre Uria, curano tutti senza distinzione di credo, considerando la cura come un dovere religioso. Sebbene la presenza di donne professioniste in vari campi, nella loro religione, sia comune, Virdimura rappresenta un esempio significativo poiché sarà la prima donna medico legalmente autorizzata a praticare la medicina in quella regione. Lei è già celebre in tutta l’isola per la sua competenza e per la sua attenzione particolare verso le donne e i più bisognosi. Non ha frequentato una Scuola Medica ma è come se si fosse formata in una "scuola privata" visto che da prestissimo aiuta il padre e il marito nel loro operato. Oltre ad essere un medico di talento, Virdimura è anche una figura influente nella sua comunità, impegnata nel promuovere la tolleranza e l'inclusione tra le diverse fedi religiose. Prima ancora di ottenere la tanto desiderata certificazione per «curare et praticare in scientia et arte medicina et fisice», si preoccupa dei più poveri che non disponevano denaro per curare la loro salute. Andare dal medico era un privilegio per pochi e Virdimura, fa del suo mestiere una missione. Come cita l’autrice del libro presentato, Simona Lo Jacono:
«questa donna coraggiosa crea un ospedale che è una vera e propria casa dove sani e malati vivono e collaborano insieme, abitanti di uno stesso luogo, di una stessa relazione. Non c’è distinzione di religione, c’è invece un senso del divino che conosce nell’umano l’eternità, e la bellezza. Virdimura guarisce e istruisce, anche quando viene accusata di prostituzione, anche quando il suo ospedale viene considerato un luogo empio».
Nonostante il passare dei secoli, il suo leggendario contributo alla medicina e alla società siciliana continua a essere ricordato e celebrato. In suo onore, è stato istituito il Premio Internazionale Virdimura, un riconoscimento dedicato alle donne che si distinguono per il loro impegno nel sociale e nella sanità.
[1] Simona Lo Iacono, Virdimura, Guanda.

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«Il futuro appartiene a chi fa e osa.»

Berton Braley

CULTURA – Immagini acheropite
Articolo di Beppe Zezza

Si chiamano «acheropite» dal greco «acheiropoieta" (a: alfa privativo, cheiro: mano, poiein: creare) le "immagini non create da mano d'uomo".
Nel mondo "materialista" nel quale viviamo, ascoltare la parola "acheropita" quando decifrata nel suo significato etimologico, fa sollevare un sopracciglio o produce un sorrisetto di compatimento.
Nella tradizione cristiana molte sono le immagini che vengono venerate come "acheropite", ne cito alcune:
- l'icona del Laterano, esposta nella cappella Sancta Sanctorum alla quale si accede dalla Scala Santa a San Giovanni in Laterano. Rappresenta il Cristo seduto sul trono, si dice sia stata dipinta da San Luca e sia arrivata miracolosamente a Roma nell'Vlll secolo.
- l'icona della Vergine di Gerusalemme. È conservata in una cappella sul retro del Santo Sepolcro ed è venerata dai cristiani ortodossi.
- il volto santo di Lucca, un crocifisso ligneo. La tradizione lo attribuisce a Nicodemo, il fariseo che, secondo i Vangeli, incontrò Gesù di notte. Lo avrebbe eseguito con la partecipazione di un angelo che avrebbe rappresentato il volto di Cristo.
Le tradizioni che le riguardano sono antiche e... venerabili ma certamente lasciano molto perplessi uomini del XXI secolo che sanno come possano originarsi le tradizioni e soprattutto si fidano solo della scienza.
La domanda che ci si può porre: ma esistono oggi immagini "acheropite" sulle quali siano stati eseguiti test scientifici che ne confermino una esecuzione non umana?
lo ne conosco tre: La Sacra Sindone, il Volto Santo di Manoppello, la Vergine di Guadalupe.
La Sacra Sindone, è un lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino.
Su di esso è visibile l'immagine di un uomo che porta segni interpretati come dovuti a maltrattamenti e torture compatibili con quelli di un condannato alla crocefissione e descritti nella passione di Gesù.
Si tratterebbe del lenzuolo funebre in cui è stato avvolto il corpo di Gesù dopo la deposizione dalla croce e sarebbe rimasto impressionato al modo di una lastra fotografica al momento della sua Resurrezione.
La Sindone è l'oggetto che è stato sottoposto al maggior numero di test — solo negli Stati Uniti nei quattro anni tra il 1978 e il 1981 le hanno dedicato 150.000 ore di studi scientifici. La letteratura che ne appoggia la veridicità è sterminata.
Poiché l'immagine che vi è impressa inquieta, molti si sono affannati con diversi test scientifici a dimostrarne la "inattendibilità". (Naturalmente Wikipedia dà largo spazio a questa posizione) Chi volesse formarsi una propria convinzione personale può trovare in libreria abbondante materiale anche recentissimo. Il Volto Santo di Manoppello è molto meno conosciuto — e molto meno studiato — della Sacra Sindone. Si tratta di un velo tenue che ritrae l'immagine di un volto, un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande. È di origine ignota. Se ne conosce la storia solo a partire dall'inizio del 1500. Attualmente è conservata nel Santuario di Manoppello — una piccola località abruzzese.
Le moderne analisi con i raggi ultravioletti non hanno riscontrato la presenza di praticamente alcun tipo di colore sul tessuto, tranne qualche traccia in corrispondenza degli occhi.
Alcuni vedono in questo oggetto il cosiddetto Velo della Veronica che era conservato in Vaticano ma poi sparito in occasione del sacco dei Lanzichenecchi, altri invece ritengono che sia il sudario poggiato sul volto di Gesù dopo che questi era stato sepolto.
La cosa più stupefacente di questa immagine è che è visibile da entrambi i lati e che le caratteristiche del volto, fatta eccezione per gli occhi, corrispondono a quelle ricavabili dalla Sacra Sindone con i segni della Passione: il naso disassato, le labbra gonfie e insanguinate, un colpo sulla guancia!
Anche in questo caso Wikipedia promuove le tesi "negazioniste"; per chi volesse informarsi personalmente sono comunque disponibili diversi libri che ne trattano e anche recarsi a Manoppello che dista poche ore da Roma.
L'immagine della Santa Vergine di Guadalupe è, se volete, la più sorprendente. Mentre Sacra Sindone e Santo Volto di Manoppello possono essere ricondotti a momenti della storia di Gesù come ci è raccontata dai Vangeli, l'immagine della Santa Vergine di Guadalupe è riferita a una "Apparizione" della Vergine avvenuta in Messico nel 1531 ad un certo Juan Diego Cuauhtlatoatzin, uno dei primi aztechi convertiti al cristianesimo.
L'immagine della Vergine si è impressa sul mantello di Juan Diego (tilma, si tratta di due teli di ayate, una fibra d'agave, cuciti insieme) nel mentre questi, su indicazione delta Vergine, portava un mazzo di fiori al Vescovo.
Anche in questo caso le opinioni si sono divise: da un lato coloro che ne sostengono l'origine miracolosa portano al loro arco diversi argomenti: il fatto che il mantello si è conservato intatto dopo cinquecento anni quando nel clima locale le fibre vegetali delle quali è costituito si deteriorano rapidamente, la tecnica usata per realizzare l’immagine è un mistero, i tratti somatici della Vergine non corrispondono a quelli degli abitanti della regione dell'epoca e il disegno, la realizzazione dell’immagine da parte di un artista locale richiede capacità superiori a quelle esistenti all'epoca in Messico dove nessun artista occidentale era attivo in quegli anni. Ma l'elemento più sorprendente a sostegno di questa tesi è che con un ingrandimento di 2000 volte, un ingegnere peruviano José Aste Tonsmann ha individuato, in entrambi gli occhi, il riflesso di fino a 13 individui, con proporzioni diverse, esattamente come accade quando un occhio umano riflette un'immagine. Sembrerebbe cioè che sia stato catturato il momento esatto in cui Juan Diego ha dispiegato il suo mantello davanti all'arcivescovo Zumérraga e alle altre persone presenti in quell'occasione!
Dall'altro coloro che negano che si tratti di una immagine acheropita, contestano la storia di Juan Diego, citano la presenza in loco di un pittore e sostengono che la prova degli occhi è inattendibile a motivo dell'ingrandimento eccessivo. (Anche per l'immagine della Vergine di Guadalupe ampia letteratura è disponile. Wikipedia in questo caso è più equilibrata e parrebbe optare per l'ipotesi miracolosa). Come concludere? A basarsi sulla “scienza" non si arriva da nessuna parte! Alla base di ogni convincimento c'è sempre un 'postulato'!

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«Davanti alle grandi domande dell'esistenza l'uomo di scienza si tormenta, quello di fede si ferma.»

Donato carrisi dal libro Il Tribunale delle anime

ABBIAMO OSPITI/CULTURA – L’Italia siamo noi!
Articolo di Elvira Coppola Amabile, Autore Ospite de La Lampadina

Una giornata particolare!
Aldo Cazzullo.
Da buon piemontese ha raccontato l’impresa dei mille con la solita retorica sul risorgimento. Verità bugie come al solito. Le vergone crudeli nascoste… come al solito… le glorie esaltate come al solito… curiosità svelate …pettegolezzi. Come le donne arruolate, Anita Garibaldi e la moglie di Francesco Crispi, Rosalia Montmasson.
Ma cosa importa…
L’Italia siamo noi.
Oggi lontano dai libri di scuola che ci istruivano magnificando l’unione, sappiamo che la storia la raccontano i vincitori. Un po’ delle verità sconosciute fino ad ora l’ho scoperte in un libro di un giornalista Gigi Di Fiore. Controstoria dell’unitá d’Italia. Poi ho continuato a documentarmi.
Franceschiello il re imbelle cugino dei Savoia. Non capì che doveva reagire! Non capì che forse firmando la costituzione avrebbe salvato il suo regno, se stesso, e forse l’Italia. Non capì. Aveva ventiquattro anni era orfano e re da solo due anni. Timido bigotto con una madre in odore di santità.
Complessato suppongo.
La regina Sofia? Lei era fiera e ribelle e voleva che il re si ribellasse all’aggressione. Il Re lo capì tardi. Troppo tardi. Fuggirono a Gaeta. E poi a Roma e poi al nord... Francesco II finì i suoi giorni ad Arco di Trento modestamente. Andava al bar a leggere i giornali e molti non sapevano chi fosse. Fabiani mi pare si facesse chiamare.
Non aveva depredato la corona, e disse che il tesoro non gli apparteneva. Ci pensarono gli invasori a depredare. Come tutto il resto.
Un buon uomo molto religioso e imbelle, non adatto a fare il re. Soprattutto non la guerra. Era benvoluto dal popolo in ogni caso.
La regina Sofia sorella di Elisabetta (Sissi) era indignata per le titubanze del marito. Era molto amata dalla gente.
E fu apprezzata anche altrove. Dannunzio la chiamava Aquiletta bavarese. Era sempre presente ad aiutare, era caritatevole e generosa. Curava i malati personalmente. A Gaeta ultimo rifugio, ancora la venerano.
Quando morì re Francesco, Matilde Serao sul Mattino scrisse di lui definendolo “galantuomo e gentiluomo”. La storia la scrivono i vincitori. Ci raccontarono che Mazzini Crispi Garibaldi erano fautori di gesta eroiche. Non dissero che ebbero pure una fortuna sfacciata! E ci fu anche un tradimento dei loro stessi ideali. Garibaldi Mazzini Crispi Bixio avrebbero vagheggiato una repubblica e non un altro regno… quello dei Savoia.
E comunque la storia è andata.
E forse non poteva che andare così.
Ma mi chiedo spesso se i Borboni tanto disprezzati avrebbero costretto alla fame il popolo, umiliandolo rendendolo vittima della disoccupazione e quindi costretto ad emigrare in massa. Mi chiedo se avremmo avuto la dittatura fascista, il sogno folle delle colonie. E le guerre. Una e poi ancora un’altra.
E forse non poteva che andare così.
E io amo la nostra Italia.
Ma un monumento ai caduti mi fa pensare. Erano operai dell’acciaieria più grande e progredita d’Europa. Le Ferriere Ferdinandee di Mongiana in Calabria. Furono trucidati dai piemontesi perché li supplicavano di non distruggere la fabbrica. Era la loro vita il lavoro era la loro sopravvivenza. Ed era apprezzatissima.
Il nostro passato Borbonico era ed è degno di conoscenza e rispetto. Il regno delle due Sicilie aveva costruito a Napoli grande come una reggia “l’albergo dei poveri”. Aveva dedicato San Leucio alle seterie: un paese intero per un artigianato raffinato e prestigioso con tutte le infrastrutture più avanzate per l’epoca. Ancora oggi prezioso e unico. Non voglio elencare le regge l’università il San Carlo i musei gli scavi. E non voglio parlare dei posti destinati al popolo dei ricchi nobili.
Ma voglio citare le leggi per proteggere le corallare di Torre del Greco altrimenti costrette a prostituirsi per sopravvivere alla povertà quando i mariti pescatori non rientravano. Tutte le strade di Napoli erano progetti Borbonici. Via Cavour Via dei Mille…
Velocemente ho rammentato qualcosa per suscitare interesse come è successo a me. Allora cerchiamo almeno di conoscere qualcosa in più.
Senza giudicare. Tanto non serve.
Solo per sapere.
Forse non era così atroce la vita sotto la monarchia Borbonica confrontata alle altre europee e a quello che sopravvenne in seguito soprattutto al sud.
I latifondisti opprimevano i contadini. Stettero meglio dopo?
Basta.
Ora teniamoci la nostra amata tormentata Italia.
Rispettiamola e proteggiamola consapevoli dei sacrifici costati a tanti.
É stata un’invasione vergognosa. Un tradimento dopo l’altro. Hanno ucciso gente contadini bambini. Operai delle fabbriche perché si opponevano a.. perdere il lavoro. Hanno depredato umiliato e offeso il nostro glorioso e progredito sud.
Ancora ne paghiamo l’onta. Ma hanno fatto l’Italia!
Un bene un male? Ora l’abbiamo e ce la teniamo così.

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«Cara Italia, perché giusto o sbagliato che sia questo è il mio paese con le sue grandi qualità  ed i suoi grandi difetti
.»

Enzo Biagi 

ABBIAMO OSPITI/LETTERATURA - La letteratura dell’ombra: Guido Morselli
Articolo di Emanuele Ludovisi, Autore ospite de La Lampadina

Nell’ambito del ciclo di incontri dedicato dalla libreria Eli alla Letteratura dell’ombra ovvero gli autori ‘dimenticati‘ dal grande pubblico, il secondo appuntamento è stato incentrato sulla figura di Guido Morselli (15 agosto 1912 - 30 luglio 1973).
Anche in questo caso, come per Antonio Delfini (l’autore che aveva aperto il ciclo degli incontri) ci troviamo al cospetto di un personaggio al di fuori dei tradizionali canoni classici del sistema letterario: non un scrittore professionista che proviene dal mondo universitario, dal giornalismo, dall’industria editoriale o comunque culturale ma semplicemente un letterato dilettante e autodidatta.
Uno scrittore che nasce ed elabora la propria narrativa atraverso un lungo e solitario apprendistato che nel caso di Morselli assume quasi le caratteristiche di una sorta di eremitaggio.
Lo scrittore nasce a Bologna in una famiglia dell’agiata borghesia della città, frequenta il liceo in un istituto dei gesuiti, si laurea in legge per andare incontro alle attese del padre con il quale non avrà tuttavia mai un rapporto semplice.
Morselli perde la madre cui era attaccatissimo a soli dodici anni, trauma questo destinato a pesare sul suo carattere e sulla sua scrittura.
Autore colto e versatile scriverà sette romanzi, quattro di carattere surreale e visionario dei quali i più celebri sono senza dubbio Roma senza papa e Dissipato H.G, opera questa che precederà il suicidio dello scrittore avvenuto nella sua casa di campagna pochi giorni prima il compimento dei sessantuno anni.
Morselli, la cui opera incentrata sui grandi temi esistenziali traccia un percorso di disincantata delusione analizzando in profondità la psicologia dei personaggi, tenterà per tutta la vita, senza successo, di pubblicare i propri scritti: i suoi libri verranno difatti editi solo anni dopo la morte.
Dei tre romanzi che possiamo definire con un caratere ‘classico’, Uomini e amori (prima opera narrativa e romanzo di formazione), Un dramma borghese e Il comunista, una particolare riflessione merita proprio quest’ultima opera che disegna una lucida e acuta analisi delle contraddizioni ‘piccolo borghesi’ di una parte del gruppo dirigente alla guida del partito comunista italiano nel dopoguerra.
Il libro non piacque al sistema letterario che lo rifiutò con un vero e proprio atto di censura (celato dietro una raffinata e motivata lettera critica) per mano di Calvino, uno degli importanti scrittori italiani operativo in quegli anni.
Rileggendo oggi Il comunista si resta colpiti nel constatare come tante delle osservazioni contenute nel libro, tratteggiando la storia e i suoi protagonisti, siano tutt’ora attuali e come le vicende politiche costituiscano in realtà spesso solo il riflesso delle deformazioni dei vizi di ogni avventura esistenziale.

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«Negli uomini, non esiste veramente che una sola coerenza: quella delle loro contraddizioni.»

Guido Morselli in Menzogna e sincerità

CULTURA – Santo Stefano - Ventotene... Sfogliando le memorie di Luigi Settembrini
Articolo di Carlo Verga

L’isola di Santo Stefano ha preso il nome da una piccola chiesa costruita sulla sua sommità in onore di papa Stefano, monaco cistercense, e dove poi a fine 1700 fu costruita, per conto di Federico IV, un grande carcere, rimasto in funzione fino agli anni Sessanta.

Un progetto faraonico dovuto al maggiore del Genio Antonio Winspeare e dall'architetto Francesco Carpi. Fu costruito seguendo i principi, molto avanzati per quell’epoca del filosofo Inglese Jeremy Bentham, per il recupero dei prigionieri.
Il progetto del carcere, denominato Panopticon, consisteva in una costruzione semi circolare attorno ad una torretta centrale in modo che, da questa, fosse possibile sorvegliate tutte le celle con un solo individuo e senza che gli stessi detenuti ne sentissero un vero e proprio controllo.
Negli anni, numerosi i politici che vi furono rinchiusi, da Pertini, Amendola Terracini poi banditi, perfino Gaetano Bresci che uccise il re d'Italia Umberto I di Savoia, poi Benito Lucidi assassino e grande evasore, unico che riuscì a fuggire dell’isola.
Uno scoglio, così lo definiva Luigi Settembrini.
Per qualche anno, con i figli piccoli, abbiamo passato una settimana d’estate a bordo di una barca in quel formidabile porto romano di Ventotene, ancora quasi intatto.
A quell’epoca tanti ospiti e amici e tutti vogliosi di scoprire il famoso carcere. In uno dei week end più divertenti con Lalli, Luigi e padre Caprile, nostro padre spirituale.
Luigi, ci convinse e cucinò una ottima zuppa di pesce con l’acqua minerale e 4 pescetti della più infima specie pescati dai nostri figli. Comunque, l’obbiettivo di ogni amico che arrivava, era sempre il carcere. Era una impresa scendere a terra “sullo scoglio” se non con un mare calmo e senza vento. Fino agli anni Novanta il carcere era accessibile, incustodito, poi chiuso, ora sembra nuovamente aperto con effettuate tutte le opere di mantenimento necessarie.
Entrare nel grande piazzale all’interno della costruzione, nel silenzio più assoluto, si veniva presi da un senso di sconforto misto a meraviglia. Nel sottosuolo è nascosta una grande cisterna di acqua dolce. A quel tempo si poteva accedere alle scale e visitare le celle che guardavano solo all’interno, la maggior parte avevano sui muri i segni dei giorni che i detenuti tracciavano in previsione di una, chissà, possibile uscita.
L’ultima volta, oramai qualche anno fa, siamo sbarcati sull’isola con Stefano Cencelli e altri amici, eravamo arrivati presto da Ponza a bordo del Naiaran, anche in quella occasione fu una impresa scendere a terra. 
II carcere poi era stato sbarrato e quindi impossibile entrarci. Comunque fu un bel giro all’interno dell’isolotto, ancora erano visibili le zone dove alcuni degli ergastolani lavoravano, e si occupavano delle faccende di tutti i giorni; il giro terminava al grande cancello del cimitero, all’ingresso una scritta in ferro battuto «Qui finisce la giustizia degli uomini, qui incomincia la giustizia di Dio.»
Possiamo solo immaginare le giornate terribili trascorse al suo interno dai carcerati nei differenti periodi, e la testimonianza di Luigi Settembrini del suo ingresso nel carcere dove fu incarcerato per 7 anni ce ne dà un’idea. Precedentemente, nello stesso carcere, fu rinchiuso per 14 mesi suo padre. Sono dei brevi estratti dalle sue memorie.
1. «Difficilmente ci si approda e solo e voltando con piccoli battelli, Il mare che lo divide da Ventotene è sempre agitato e i dintorni irti di scogli…nel 1799 vi furono rinchiusi ed incatenati oltre 500 reclusi condannati a vita che nelle altre galere erano più feroci ed incorreggibili e ricetto di scelleratissimi…Poi prigionieri politici e anche il padre mio recluso per 14 mesi….una tomba dove sono sepolti circa 800 uomini vivi: chi si avvicina a S Stefano vede dal mare su l’alto del monte grandeggiare l’ergastolo…Per isscendere sull’isola si deve saltare su di uno scoglio coperto d’alghe e sdrucciolevole cominciando a salire per una stradetta erta e scabra, si trova in prima una vasta grotta nella quale il provveditor dell’ergastolo suol serbare sue provvigioni.

2. Non si può dire che tumulto d’affetti sente il condannato prima di entrarvi: con che ansia dolorosa si sofferma e guarda i campi, il verde, le erbe e tutto il mare, e tutto il cielo, e la natura che dovrà più rivedere… con che desiderio cerca di suggellarsi nella mente l’immagine degli oggetti che gli stanno intorno.
3. Fermato innanzi la terribile porta vede una strada lunga… si entra in un cortile a quadrilatero…Lì sei circondato dagli aguzzini con i loro fieri ceffi, i quali ti ricercano e scuotono le vesti (ti mettono i ferri o le catene)… uno scrivano ti domanda il nome e le Tue qualità personali. Il comandante dopo averti biecamente squadrato da capo a piedi e ti avverte di non giocare di non tenere armi, di stare tranquillo… altrimenti le battiture e la segreta.
4. Una metà delle celle del primo piano è destinata per un centinaio di condannati ai ferri. Nell’altra metà sono tutti gli ergastolani… i soli condannati ai ferri hanno la catena che li accoppia, possono passeggiare nel cortile. Tra essi i fortunati vanno soli, portando o tutte le sedici maglie della catena o pure otto maglie: i fortunatissimi ne portano quattro e fanno uffizio di serventi o cucinieri, votano i cessi, portano acqua, vanno a spendere alla taverna: sono beati quei pochi che escono fuori a lavorare la terra. Gli ergastolani non hanno catena; ma nessuno può uscire dal suo piano e dal suo scompartimento, un tempo nessuno poteva uscire della sua cella. Queste divisioni sono necessarie per impedire le continue risse che nascono per stolte e turpi cagioni, e pel sempre funesto amore di parti; dappoiché questi sciagurati, che una pena tremenda dovrebbe unire, sono divisi tra loro secondo le province: e siciliani, calabresi, pugliesi, abruzzesi, napoletani si odiano fieramente fra loro, spesso senza cagione e senza offese; e se per caso si scontrano si lacerano come belve e si uccidono. Non si cerca di spegnere questi odi di parte, perché per essi si hanno le spie, si vendono favori, si fanno eseguir vendette, si fa paura a tutti: una x è l'arte di opprimere, ed ogni malvagio la conosce. Per questa condizione de' luoghi e degli uomini, gli ergastolani non hanno altro spazio che le celle e la stretta loggia, dalla quale invidiando guardano il cortile dove non possono passeggiare, ed il cielo che è terminato, dalle alte mura dell'ergastolo, e che, come un immenso coverchio di piombo, ricopre il tristo edifizio e ti pesa sull'anima. Se passa volando qualche uccello, oh come lo riguardi con invidia, e lo segui col pensiero e con la speranza stanca, e con esso voli alla tua patria, alla tua famiglia, ai tuoi cari, ai giorni di gioia e di amore, che sempre ti tornano a mente per sempre tormentarti. Ma neppur puoi star molto su questa loggia ingombra di masserizie e di uomini che ti urtano, gridano, cantano, bestemmiano, accendono il fuoco, fendono leghe: e poi nel cortile non vedi che condannati trascinare penosamente le sonanti catene, taluno d'essi con oscena voce andar gridando: «Vendiamo e mangiamo»: spesso vedi lo scanno sul quale si danno le battiture, spesso la barella con entro cadaveri di uccisi. Il vento ti molesta, il sole ti brucia, la pioggia ti contrista, tutto che vedi o che odi ti addolora, e devi ritirarti nella cella.»
Luigi Settembrini continua con le sue memorie e continua la descrizione del carcere e degli ergastolani reclusi, ma sarebbe troppo lungo.

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«
Conosciamo tutti gli inconvenienti della prigione, e come sia pericolosa, quando non è inutile. E tuttavia non «vediamo» con quale altra cosa sostituirla. Essa è la detestabile soluzione, di cui non si saprebbe fare a meno.»

Michel Foucauld

COSTUME - La memoria ... non uguale per tutti!
Articolo di Lalli Theodoli

Tutti sappiamo come, arrivati ad un certo punto della vita, si perda molto di avvenimenti recenti e si ricordino invece tantissimi particolari assolutamente remoti.
Si sa… non ci ricordiamo il titolo del libro che sta sul nostro comodino o del film visto ieri, ma ci ricordiamo perfettamente della bambina con le trecce con cui giocavamo a quattro anni, il nome di sua nonna e il cognome e  il suo vestito preferito.
Fin qui..nulla di nuovo. Accettiamo senza riserve.
Pare che, negli ultimi anni, si sia scatenata un’enorme voglia di raccontarsi. Forse accentuata durante la pandemia: costretti in casa, in molti hanno rivangato il loro passato, le loro vicissitudini e, ritenendole degne di nota, le hanno, di fatto, pubblicate.
I miei primi quaranta anni, poi i secondi, e le esperienze di viaggi e di lavoro e molte autobiografie, racconti di lontane fanciullezze, di vecchi luoghi di villeggiatura, di anziani nonni, di care tate…
Alcuni racconti, gradevoli, hanno fatto rinascere anche in noi vecchie memorie. Alcune totalmente condivise da quanti avevamo vicini all’epoca, altre, invece, messe in serio dubbio e, a volte, decisamente contestate  da  amici e parenti.
Ma no, la casa non era così, la tata era giovane, la zia non era così feroce. Non sei stata tu a far cadere in mare il fuoribordo, ero io che ho perso l’ancora, eri tu che graffiavi e mordevi durante i litigi, ero io la più brava a scuola.
Tutto contestato. E sui ricordi…ci si accapiglia furiosamente!
Non mi è venuta voglia di scrivere le mie memorie, anche se la fanciullezza di sette sorelle scatenate avrebbe molte cose da raccontare…tranquilli…mi astengo.
Mi astengo perché, anche in conversazioni in cui solo VERBA VOLANT ho preso nota di quanto ognuna di noi abbia ricordi diversi, impressioni diverse, sulle persone che frequentavano la nostra casa: per alcune di noi, terribili, per altre, presenze affettuose, sulle case vissute, enormi per alcune, piccole per altre, paurose per alcune per altre… radiose. Vite condivise totalmente ma vite totalmente diverse nel ricordo.
Ed è giusto così. In una stessa realtà oggettiva (ma esiste?) ognuno di noi ha assimilato un qualcosa di diverso. Ognuna di noi ha vissuto in qualche modo una vita differente dalle altre. L’incredibile è che questo accade fra sorelle e fratelli che abbiano condiviso la stessa casa, gli stessi parenti, gli stessi ambienti, la stessa educazione. Ognuno ha incamerato esperienze diverse. Ne ha totalmente cancellate altre o… ne ha fatto inconsciamente una storia diversa di cui a volte è protagonista, finalmente. E da questa selezione scaturiscono ricordi totalmente differenti. Alcuni totalmente cancellati (troppo dolorosi?) alcuni invece esaltati (magnifici?). Ma il risultato è che se ora volessi mai affrontare un racconto sulla mia famiglia, certamente sei sorelle mi griderebbero all’unisono “BUGIARDA!”.
Su una unica cosa, sono certa, saremmo tutte d’accordo. Nel ricordo della paura mista ad orrore alla visione delle due vere volpi con testa e coda e occhi di vetro che circondavano il collo di zia Maria.

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FLASH NEWS!

Un po' qua, un po' là...

Natalità sotto il minimo - La crisi demografica: il primato negativo è detenuto dalla Corea del Sud con un numero medio di figli per ogni donna, di 0.72, il più basso al mondo, considerato che 2,1 è il minimo per mantenere il numero della popolazione stabile. Il governo nonostante l’ingente finanziamento per bonus e altro del 2022 non ha ottenuto nessun risultato.
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E.T... telefono... casa - Una bussola, inventata per le persone che per qualche tipo di malattia dimenticano la via di casa. Un quadrante bianco con una grande lancetta rossa, sempre puntata verso casa. Seguendo la lancetta, spostandosi di strada in strada si arriva a destinazione.- Dovrebbe entrare in commercio in Olanda a fine anno ad un prezzo ben contenuto circa 100 euro.
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Tibetano? No, umbro! - In Umbria c'è un borgo, quello di Sellano, annoverato tra i più bei boghi italiani, che si collega alla vicina frazione di Montesanto mediante un ponte tibetano che dondola nel vuoto a 175 metri di altezza sul fiume Vigi, ed è lungo 517 metri. Le due località differiscono in altezza 68 metri, perciò il ponte tibetano è il più alto d'Europa. È un ponte a pedata discontinua, ciò significa che tra una pedata e l'altra c'è il vuoto e di conseguenza, seppure in totale sicurezza, questo ponte deve essere percorso imbragati per tutti i suoi 1023 passi.

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APPUNTAMENTI DELL'ASSOCIAZIONE
LA LAMPADINA:::PERIODICHE ILLUMINAZIONI

Ecco i prossimi appuntamenti dedicati ai Soci de La Lampadina.

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Mercoledì 12 giugno 2024 - ore 20.00 - Cinema Caravaggio
LETTERE DAL DESERTO (ELOGIO DELLA LENTEZZA)

La giovane regista romana Michela Occhipinti, sensibile indagatrice di spazi fisici e culturali, a volte distonici rispetto alla cultura occidentale, sarà presente in sala accompagnandoci nella visione del primo dei suoi lungometraggi Lettere dal deserto (Elogio della lentezza), attraverso il quale vengono analizzati e proposti gli spazi da una prospettiva di marginalità e di isolamento.
Il protagonista, Hari, è un postino ma ... dimenticate Troisi! Hari percorre a piedi distanze infinite nel deserto per recapitare nei piccoli villaggi lettere semplici piene di umanità, spesso condividendone la lettura e amorevolmente commentandone il contenuto con i destinatari.
Ma dietro c'è ben altro: un'oasi di spazi e di lentezza fuori dal mondo. Finché un giorno ... si intravede l'arrivo della civiltà e l'incantesimo si spezzerà.

L'appuntamento  fa parte di Cinema Illuminato, incontri con il cinema d'autore, promosso e gestito da La Lampadina  Periodiche Illuminazioni: una serie di proiezioni cinematografiche di qualità da offrire nel corso dell'anno ai nostri associati. Entrata su invito.

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Lunedì 24 giugno 2024
FIRENZE NO STOP
KIEFER- MODIGLIANI-ORFEO

A Firenze appuntamento con Museo Novecento, che celebra i suoi primi 10 anni di vita con la mostra Ritorni. Da Modigliani a Morandi, che vede riunite per la prima volta una quindicina di opere di grandi maestri del novecento italiano appartenute ad Alberto Della Ragione. 
Assieme al mitico Autoritratto  di Modì, saranno esposte la Natura morta metafisica di Morandi, la Camera Incantata di Carrà  e la grande Crocifissione di Guttuso, tutti prestiti di inestimabile valore storico artistico giunti dai grandi musei italiani e stranieri.

Continueremo con Palazzo Strozzi che ci offre la mostra Angeli caduti, un percorso dell'artista Anselm Kiefer tra lavori storici e nuove produzioni, tra cui una nuova grande opera creata in dialogo con il cortile rinascimentale. L'artista realizza una profonda e stratificata ricerca sui temi della memoria, del mito, della storia, della letteratura e della filosofia.
Nel suo percorso artistico si uniscono mito, religione, misticismo, poesia, filosofia e ogni sua produzione artistica esprime il rifiuto del limite. Concluderemo la giornata a Palazzo Medici Riccardi, con L’incanto di Orfeo nell’arte di ogni tempo, da Tiziano al contemporaneo, a cura di  Sergio Risaliti e Valentina Zucchi, e nata da un progetto del direttore del Museo Novecento.
La mostra affonda le radici nei tempi più antichi del mito e ruota attorno alla figura multiforme e metamorfica di Orfeo, poeta, musico e cantore, compagno di viaggio degli Argonauti, sposo prima infelice e poi disperato di Euridice, inconsolabile vedovo dilaniato dalle Baccanti.
Le opere esposte provengono dai più importanti musei del mondo, a partire dallo splendido rilievo marmoreo neoattico con Orfeo, Euridice ed Hermes, proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che raffigura il secondo e definitivo distacco del cantore dalla sua amata, fino alle opere di Tiziano, Parmigianino, van Honthorst, Bruegel il Vecchio, Rembrandt, Delacroix, Moreau, Redon, Feuerbach, De Chirico, Cocteau, Savinio, Melotti, Twombly e Paladino, dalle Gallerie degli Uffizi al Musée du Louvre di Parigi, dal Mart di Trento e Rovereto al Kunsthistorisches Museum e al Belvedere di Vienna, dal MANN e dal Palazzo Reale di Napoli ai Musées de Beaux-arts di Blois e di Marsiglia, dal Museo Nazionale del Bargello all’Accademia Carrara di Bergamo, dal Museo di San Marco alle Biblioteche Laurenziana e Riccardiana di Firenze –oltre che da collezioni private e grazie a una speciale collaborazione con l’Archivio del Teatro del Maggio Fiorentino.  

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da giovedì 10 a domenica 13 ottobre 2024
VENEZIA
BIENNALE ARTE 2024
FOREIGNERS EVERYWHERE
& DINTORNI

Appuntamento nella città lagunare per seguire come sempre con Ludovico Pratesi la Biennale Arte 2024 e non solo: Venezia, la città dai mille volti, offre mostre e installazioni nelle chiese, nei musei, in angoli nascosti ed incantati.
Saremo all'arsenale e ai Giardini, ma anche in Giudecca per il Padiglione della Santa Sede, e ancora a Palazzo Grassi per Julie Mehretu. Ensemble, la più grande mostra in Europa dell’artista americana Julie Mehretu, a cura di Caroline Bourgeois  in collaborazione con l’artista stessa, che include opere realizzate da Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Robin Coste Lewis, Tacita Dean, David Hammons, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin, artisti che fanno parte di una cerchia di amici stretti di Julie Mehretu o personalità che l’hanno influenzata.
E continueremo con Punta delle Dogana per Pierre Huyghe. Liminal, un progetto espositivo inedito che presenta un vasto nucleo di opere dell'artista francese alcune delle quali provenienti dalla Pinault Collection e poi ancora... molto altro.

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Per info sull'Associazione e/o prenotazioni, scriveteci a
appuntamenti@lalampadina.net

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E ANCORA
FLASH NEWS!

Principessa Mafalda - Il disastro navale italiano più grave, fu l’affondamento del Principessa Mafalda varato nel 1908, noto per essere stato il più grande bastimento di questo tipo costruito per una compagnia italiana. Naufragò il 25 ottobre 1927 a poche miglia dalla costa del Brasile a seguito della rottura dell'asse di un'elica. I morti 360. Episodio, poco noto, è definito come il Titanic Italiano.
CV

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Energia nucleare - Olkiluoto a 250 km da Helsinki è un punto di riferimento globale per l’energia nucleare, è l’impianto più avanzato al mondo.
5 reattori. Il quinto reattore è stato collegato alla rete elettrica nazionale e battezzato Olkiluoto 3 ed è il più potente d’Europa: la sua produzione di elettricità copre il 14 per cento della domanda della Finlandia, sufficiente per riscaldare più di cinque milioni di appartamenti e ha ridotto l’import di elettricità del Paese del 60 per cento.
Quasi il 50 per cento dell’energia consumata in Finlandia deriva da fonti rinnovabili e, per legge, entro il 2035 il Paese dovrà diventare carbon neutral. Sarebbe il primo Stato membro dell’Unione europea a raggiungere questo traguardo.
CV

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Shopping di impresa- Le aziende italiane sono in vendita? Sembra proprio di no, ecco la situazione.
Negli ultimi cinque anni (2019-2023), le imprese estere rilevate da società italiane sono state: 980 per 135 miliardi. È il 60% in più del valore di quanto hanno investito le società d’oltreconfine per acquisire quote di aziende italiane (82 miliardi per 1.719 operazioni).
Nel primo trimestre di quest’anno, sono state portate a termine 46 acquisizioni dall’Italia sull’estero per un totale di 8,4 miliardi. Anche qui, sono investimenti che valgono di più (quasi il doppio) delle operazioni contrarie, estero su Italia (84 nel primo trimestre 2024 per 4,6 miliardi). Sono i valori più alti degli ultimi tre anni: nel gennaio-marzo 2022 risultano investiti 1,9 miliardi in 64 acquisizioni e nello stesso periodo 2023 si parla di 5,1 miliardi su 73.
CV

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Carbone mon amour!- G 7 stop produzione di energia dal carbone dal 2030, una pia Illusione?
Sia la Cina che l’India hanno incrementato il loro utilizzo negli ultimi anni e sono rispettivamente il primo e il terzo maggiore consumatore di carbone al mondo con il 61% della produzione di energia della Cina e il 75% di quella dell’India!
Nonostante tutti i piani di eliminazione graduale, con annunci e proclami, il mondo richiede più carbone che mai. Infatti, il consumo globale di carbone ha raggiunto il record di 8,5 miliardi di tonnellate nel 2023.
CV

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Più spazio alla Gioconda!- Il Louvre sta valutando la possibilità di spostare la Gioconda in una galleria sotterranea e con delle transenne che consentano il passaggio dei visitatori in file composte.
Da un recente studio viene infatti evidenziato che il 37% delle recensioni dei turisti ha dato all’opera un giudizio negativo. Il fattore principale sembra essere la scarsa visibilità, proprio per la folla che si accalca intorno all’opera e ne impedisce una accettabile visione.
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WE LOVE ROMA...
E i pedoni!
di Lucilla Laureti Crainz

Come già dicevamo, tanti disagi a Roma ma termineranno a breve e tanti spazi per i pedoni!
Iniziamo con piazza Risorgimento che sarà quasi completamente trasformata, si prevedono circa 70 alberi in più, una fontana circolare a raso con getti d'acqua, alcune panchine e verrà utilizzata durante l'estate per spettacoli e manifestazioni. Un po' simile a come è adesso piazza Cavour, le auto potranno circolare solo su un lato.
Finiti i lavori che comprendono anche il sotto passo di piazza Pia si potrà con una lunghissima passeggiata arrivare a via della Conciliazione con a sinistra Castel Sant'Angelo.
Altro spazio in lavorazione è quello della piazza San Giovanni, anche lì giardini, fontane e vialetti alberati.
Chi è andato alla stazione Termini ha potuto vedere come non ci sono più i terminal degli autobus ma si prepara anche lì uno spazio per i pedoni.
Io di solito da lì prendo il 910 per andare a casa ma non ci crederete anche se ho chiesto più volte al personale Atac non sono ancora riuscita a trovare dove diavolo sia!
E se non voglio fare la fila ai taxi mi tocca tornare a piedi. Meglio così dato che per la mia forma fisica (che non ho!) dovrei fare 9000 passi al giorno, non so voi!
Praticamente un po' come piazza San Silvestro dove anni fa hanno tolto i capolinea e incaricato l'architetto Portoghesi a creare uno spazio accogliente.
Non so se ci sia riuscito, quelle lunghe e sinuose panchine di  marmo e quei poveri alberelli non sono il massimo, ci passo quasi ogni giorno ad ora di pranzo e molti  si siedono volentieri, ma udite udite è arrivato Bill Gates che sta ristrutturando un palazzo per farne un albergo "Four Season" e sta progettando la nuova piazza con grande fontana al centro!
Vediamo cosa ne verrà fuori di  piazza dei Cinquecento (scusate ma sapete poi perché si chiama dei Cinquecento? In ricordo dei 548 caduti nella battaglia di Dogali del 1887! ).
Non voglio poi infierire sulla statua di Giovanni Paolo II, dell'artista Oliviero Rainaldi  donata nel 2011 dalla fondazione Silvana Paolini Angelucci Onlus (no comment).
Buone passeggiate a tutti!

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Scriveteci e segnalateci che cosa si muove a Roma!
redazione@lalampadina.net

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ABBIAMO OSPITI/VITA
Il sorriso
di Simonetta Pacini Verga

Può essere promettente, accattivante o difensivo.
Può essere invogliante ma anche gelido. "Posso darti un sorriso, ma niente di più".
È riparatore e può costruire in silenzio più delle parole. Crea spesso un muto consenso con un sguardo "a due..." escludendo i presenti.
Un sorriso tra le lacrime è alleggerire la tensione è come una carezza.
Il sorriso è schiudere una porta ad altro, è promettere di voler piacere e di volere quel piacere.
Il sorriso nella vita è importante è la prima nota di una complessa sinfonia.

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MOSTRE

Ecco le segnalazioni di
Marguerite de Merode

Villa Medici Accademia di Francia: s Per il terzo anno, il festival, nato nel 2022, ritorna per tutta l’estate e invita architetti, artisti e costruttori internazionali a prendere possesso del giardino storico della Villa, con sei creazioni originali: installazioni temporanee, micro-architetture e proto-abitazioni. Una bella occasione per passeggiare in un luogo unico.
Fino al 29 settembre

Palazzo Rhinoceros - Fondazione Alda Fendi: futurBella. A cura di Raffaele Curi Un omaggio poetico e suggestivo al Futurismo attraverso uno dei suoi principali e più poliedrici esponenti, Fortunato Depero, per raccontare i molteplici aspetti della sua attività di pittore, scultore, illustratore, scenografo, costumista e designer.
Fino al 30 novembre

Terme di Caracalla: Narciso. La fotografia allo specchio Un confronto tra antico e contemporaneo in settantotto scatti iconici di trentacinque maestri della fotografia del XX e XXI secolo  suddivisi in tre sezioni allestiti in due ambienti coperti e nella natatio delle Terme. La mostra si sviluppa sul tema del riflesso e della duplicità.
Fino al 3 novembre

Museo Napoleonico: Giuseppe Primoli e il fascino dell'Oriente Un viaggio dedicato al collezionismo di arte orientale e giapponese dalla collezione di un’uomo colto, il conte Giuseppe Primoli, discendente per parte di madre di Luciano Bonaparte. Un’immersione tra dipinti, manoscritti, incisioni, porcellane, disegni con soggetti esotici e orientaleggianti, fotografie d’epoca di soggetto e gusto orientalista, xilografie, tempere e intagli su carta eseguiti con la tecnica del “kirigami”, chinoiseries e japonaiseries, documenti d’archivio, oggetti abitualmente non visibili al pubblico e conservati nei depositi del museo romano.
Fino all'8 settembre

La Lampadina Racconti

LA LAMPADINA/RACCONTI - La ricerca della fine del mondo - Parte terza - Polo Nord
di Giovanni Verusio

 

 E tu dicevi a te: «Più oltre»
Sparivano i due solchi in un tumulto
raggiante, informe, immenso.
E tu: «Più oltre»
 
D’Annunzio: la Canzone di Umberto Cagni

Quando siamo scesi a Murmansk dall’aereo da Helsinki, la prima cosa che ci ha confrontato è stato un portale sul cui arco stava scritto Tamóẑnja, Dogana. I doganieri russi si comportavano in modo incomprensibile: bisognava esibire tutto il materiale fotografico e dichiarare su un modulo la marca e il numero di serie anche dei singoli obiettivi. Forse volevano impedire che li vendessimo in Russia o almeno poterne tracciare il trasferimento, per impedire che gli obiettivi telescopici fossero usati a fini di spionaggio.
Murmansk è l’unico porto russo sul mare Artico che resti libero dai ghiacci tutto l’anno. Qui, durante la Seconda Guerra Mondiale, arrivavano convogli degli Alleati con i loro rifornimenti per i sovietici.

Scolpita nella pietra sul lato sinistro del fiordo, una enorme scultura ricorda i soldati ed i marinai che persero la vita per arrivare fin qui.
La città si stende sul lato destro del fiordo: sono casermoni grigi dell’epoca di Kruscev, sotto un cielo decisamente grigio, in riva ad un mare di un bel grigio perla: unico tono visibile di colore era la nave interamente dipinta di rosso vivo, attraccata alla banchina: era il rompighiaccio Sovetskij Soyuz (Unione Sovietica) con la quale arriverò, o almeno speravo di arrivare, al Polo Nord.

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La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni
Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novit .

La Lampadina è una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli e Angelica Verga. La sede in via Castiglion del Lago, 57, 00191, Roma.

La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire - con frequenza inizialmente mensile - "periodiche illuminazioni" su argomenti di vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente numero inviato a circa duemila persone. Sono gradite da chiunque le collaborazioni e le segnalazioni di persone interessate a ricevere la newsletter.
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